2014-10-04 12:16:00

L’ombra della crisi ucraina sulle parlamentari in Lettonia


Crisi ucraina e influenza del gigante russo sono stati tra i temi dominanti del dibattito politico in Lettonia in occasione delle elezioni parlamentari di questo 4 ottobre. Gli elettori sono chiamati a prendere posizione tra l’uscente governo di centro-destra del primo ministro Laimdota Straujuma e il partito tradizionalmente filo-russo Concord. Secondo i sondaggi, ben un 30% dei votanti si dichiara indeciso. Fausta Speranza ha parlato di tutto questo con Aldo Ferrari, docente di Russia ed Europa orientale all’Università Ca’ Foscari di Venezia:  

R. - E’ un Paese tra i pochi di quelli usciti dall’Unione Sovietica nel ‘91 che abbia trovato una strada economicamente e socialmente positiva. Poi chiaramente ha diversi problemi: la crisi, in qualche maniera, ha coinvolto anche questo Paese. Ma al di là di alcuni problemi congiunturali, in sostanza è un Paese che, a mio giudizio, ha un futuro positivo davanti a sé.

D. - Abbiamo visto nei mesi scorsi una forte opposizione al governo di centro-destra e la crescita di questo partito russofono, ma adesso con la crisi ucraina sembra prevalere l’incubo dell’influenza russa: la memoria di invasioni del passato…

R. - L’insoddisfazione nei confronti del governo di centro-destra può essere considerata normale: anche questo Paese ha avuto un trascorso sovietico e quindi ha ancora memoria di una tranquillità sociale ed economica nella quale, in sostanza, non c’era bisogno di darsi tanto da fare lavorando, perché lo Stato serviva tutto. Adesso la situazione è profondamente cambiata, le persone possono arricchirsi, ma hanno bisogno di molta intensità e non tutti ce la fanno. Quindi delle tendenze - posso dire - conservatrici, delle tendenze statalistiche, che in certa misura possono coincidere anche con l’appoggio a partiti russofoni - ricordiamo che c’è una forte minoranza russa in questo Paese - sono anche comprensibili. Ma sono peraltro dinamiche normali in un Paese democratico. Chiaramente la crisi in Ucraina ha profondamente cambiato la situazione, perché questi Paesi risentono realmente, anche se a volte in maniera isterica, del passato. Il ricordo dell’annessione alla Russia e poi del periodo sovietico è forte, anche se, a mio giudizio, spesso non distinguono correttamente tra il passato imperiale russo e quello sovietico: Russia e Unione Sovietica non erano la stessa cosa e confonderle è un errore di prospettiva storica.

D. - Quanto è forte il dibattito su una presenza della Nato più influente nella regione? Sappiamo essere un dibattito che coinvolge anche i vicini Estonia e Lituania…

R. - Chiaramente è importante, ma d’altra parte sono Paesi già membri della Nato. Un ulteriore rafforzamento è richiesto da questi Paesi, così come da altri loro vicini. Però bisogna tenere presente, in maniera fredda ed equilibrata, che non è interesse di nessuno l’innalzamento della tensione con la Russia e un ulteriore rafforzamento della Nato va in questa direzione. Questo non fa bene a nessuno: non fa bene ai Paesi Baltici, non fa bene all’Unione Europea e neanche alla Russia. A mio giudizio, sarebbe meglio evitare di innalzare il livello dello scontro. Si è arrivati ad una situazione difficile che fa male a tutti. Bisogna trovare dei nuovi rapporti con Mosca e l’aumento degli armamenti non è la via da percorrere. Occorre, invece, una soluzione politica che però richiede un impegno negoziale maggiore da parte di tutti gli attori, interni ed esterni.

D. - E’ corretto dare come percentuale circa poco più del 20 per cento di russofoni tra gli aventi diritto al voto?

R. - Per quanto ne so io, i russi - perché io parlerei più di russi che di russofoni, perché l’espressione russofona a volte tende un po’ a stemperare - sono fra il 20 e il 25 per cento, forse più vicino al 25 per cento che non al 20. E’ una minoranza davvero consistente, in effetti…








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