2014-10-03 14:03:00

Libia: governativi controllano scalo Bengasi


Non si fermano le violenze in Libia, percorsa da attentati e scontri tra esercito - appoggiato dalle forze del generale Khalifa Haftar - e milizie islamiste che dall’inizio di settembre cercano di prendere il controllo dell’aeroporto di Bengasi, capoluogo della Cirenaica. Il generale Haftar ha da tempo lanciato un'offensiva anti-jihadista contro Ansar al-Sharia, gruppo che fa parte del Consiglio rivoluzionario della Shura e che è considerato “movimento terrorista” dal parlamento libico e dagli Stati Uniti. Nelle ultime ore tre autobombe e sanguinosi combattimenti attorno allo scalo hanno causato almeno 36 vittime e 60 feriti, ma le forze fedeli alle autorità libiche hanno annunciato di mantenere il controllo dell’aeroporto. Sui motivi di così tante forze in campo, Giada Aquilino ha intervistato Marcella Emiliani, esperta di questioni libiche e storica del Medio Oriente:

R. - Da quando è caduto il regime di Gheddafi, nel 2011, si sono costituite delle milizie a base sostanzialmente locale e/o tribale, che si sono fin dall’inizio combattute tra di loro, rivendicando ognuna per sé il ruolo di più determinante nella caduta di Gheddafi. In realtà sono interessi di tipo economico che si scontrano, perché tutte le risorse della Libia sono concentrate attorno a Bengasi e a tutti i campi petroliferi della Cirenaica. Quindi per riuscire a tenere assieme le tre regioni della Libia sarebbe stata necessaria una reale democrazia. In realtà i vari governi che si sono succeduti al potere non hanno mai avuto né il controllo del territorio, né tantomeno il controllo delle milizie, anzi si è innestato un processo molto pericoloso: il governo, non potendo contare su un esercito forte e autorevole, si è affidato alle milizie stesse. Quindi si è messo nelle mani di quelli che avevano meno interesse di tutti a far funzionare una democrazia forte e autorevole. Le milizie poi - a partire da febbraio di quest’anno, quando è comparso sulla scena politica l’ex generale Khalifa Haftar - si sono coagulate su due ‘macro’ fronti: uno di stampo laico, che fa capo appunto ad Haftar, e l’altro che fa capo ai vari Consigli della Shura. Dunque un fronte laico e un fronte religioso, salafita, estremista.

D. - Quindi sono ragioni economiche quelle che muovono poi questi scontri degli ultimi mesi a Bengasi?

R. - Sono sostanzialmente ragioni economiche, perché la Tripolitania e il Fezzan, le altre due regioni oltre alla Cirenaica, non possono contrare sullo stesso tipo di risorse che ha la stessa Cirenaica. Quindi certamente c’è una grossa motivazione economica. Su questa poi si è innescata quella politico-religiosa: nel senso che molti leggono anche questo scontro frontale tra il fronte chiamiamolo laico e quello religioso come una battaglia da parte delle formazioni come Ansar al-Sharia per tenere in piedi quel po’ che può rimanere delle derivazioni della Fratellanza musulmana nel Maghreb. Più in generale si teme poi che tutto questo vada a fondersi con lo scenario più propriamente mediorientale, che si stiano cioè fondendo azioni, know how e jihadisti anche con quelli dell’Is.

D. - In questo momento di mobilitazione generale per l’avanzare del sedicente Stato Islamico (Is), che rischi ci sono allora per la Libia?

R. - I rischi sono reali, perché questo è un momento in cui - a livello di propaganda - certamente l’operato dell’Is ha avuto grossi ricaschi su tutti gli scenari in cui agivano delle forze di tipo islamista. Ciò non significa che abbiano una reale forza, però Ansar al-Sharia in Libia è indubbiamente forte e lo è soprattutto in Cirenaica. Esiste una Ansar al-Sharia anche in Tunisia, ma non è minimamente paragonabile a quella della Libia.








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