2014-10-01 13:59:00

Hong Kong: ultimatum degli studenti al governatore Leung


Dimettersi entro domani o affrontare nuove aggressive forme di protesta. È l’ultimatum lanciato dai manifestanti di Hong Kong al governatore locale filocinese di Chun-ying Leung, oggi contestato prima della cerimonia per il 65.mo anniversario della fondazione della Repubblica popolare cinese. Intanto, Pechino teme un contagio delle tensioni in altre parti del Paese e avvia una stretta sui dissidenti. Il servizio di Marco Guerra:

Dimettersi entro la mezzanotte di domani o affrontare nuove e aggressive forme di protesta, fra cui l’occupazione di una serie di edifici pubblici. L'ultimatum al governatore di Hong Kong,  Chun-ying Leung, è stato lasciato dai leader dei due principali movimenti studenteschi che, da domenica scorsa, stanno animando le manifestazioni per le riforme democratiche nell’ex colonia britannica. Leung – che ha dichiarato più volte di non avere alcuna intenzione di lasciare la sua carica – è stato contestato anche questa mattina durante la cerimonia per il 65.mo anniversario della Repubblica popolare di Cina. E proprio per questa ricorrenza sono iniziati due giorni di festa nazionale e la gente per le strade di Hong Kong è ulteriormente aumentata. In tutta l'area di Admirality, occupata dai dimostranti,sono confluite migliaia di persone per esprimere solidarietà ai giovani contestatori. Oltre alle dimissioni di Leung, gli studenti chiedono a Pechino di ritirare le limitazioni che ha posto alle elezioni del 2017 per governatore. La Cina ha infatti concesso che si potranno presentare alle elezioni solo due o tre candidati, selezionati da un comitato di élite locali pro-Pechino. Nel frattempo, le autorità temono il contagio della protesta di Hong Kong. Su Internet cominciano  a circolare foto di attivisti cinesi con la maglietta nera e i nastri gialli che sono diventati il simbolo dei manifestanti. Amnesty International denuncia l’arresto di almeno 20 persone che hanno espresso simpatia per i dimostranti pro-democrazia. L'opinione di Laura De Giorgi, docente di Storia della Cina, all’Università Ca’ Foscari di Venezia:

R. – Si tratta, forse, del termine ultimo di un confronto che va avanti da mesi, e che riguarda particolarmente le relazioni tra questa ex colonia e Pechino, che negli ultimi anni mostrano vari elementi di tensione, che coinvolgono una parte della società di Hong Kong, non tutta, ma sicuramente la parte più sensibile a quelli che sono i temi dell’identità di Hong Kong e della difesa delle peculiarità, che sono anche garantite sul piano legislativo, della vita politica di Hong Kong, rispetto a Pechino. Per Pechino è un serio confronto, è il culmine di un processo che Pechino ha cercato di portare avanti per un’integrazione anche culturale. C’è stata battaglia sui curriculum scolastici, ad esempio, negli anni precedenti. E proprio sul tema della fedeltà patriottica di Hong Kong, rispetto alla madrepatria, che è l’oggetto del contendere, il comportamento di Pechino in questo frangente sarà rivelatore di quale scelta la dirigenza farà in futuro su temi di confronto simili, anche con altre regioni, come ad esempio Taiwan.

D. – Quindi, potrebbe uscire da questo confronto una sorta di cartina di tornasole di quelle che saranno le politiche di Pechino davanti alle aperture che chiederà la società civile?

R. – E’ difficile dire se Hong Kong, in realtà, rispecchi quelle che sono le dinamiche della società civile nella Repubblica Popolare Cinese. Io tenderei a distinguere. La storia di Hong Kong è una storia particolare, peculiare, ci sono delle dimensioni storico-geografiche di cui va tenuto conto. E’ una regione amministrativa speciale e quindi ha delle caratteristiche sicuramente diverse. Fra l’altro, non ritengo che chi sta protestando ad Hong Kong, stia protestando per tutta la Cina. La questione sono proprio le relazioni tra questa regione e il potere centrale, in quel modello di unificazione – un Paese a due sistemi – che era stato proposto, che è stata la base dell’unificazione 17 anni fa. E’ molto difficile, quindi, dirlo, anche perché ci sono delle tensioni culturali tra la società di Hong Kong e la Cina popolare.

D. –  Dunque, possiamo parlare più di una protesta autonomista che di un anelito alla democrazia...

R. – Io non lo chiamerei proprio “autonomista”, anche se di fatto a Pechino possono anche apparire così o sono accusati dalla propaganda di essere in parte separatisti. E’ sicuramente l’affermazione di una propria diversità e quindi del rispetto di quello che in fondo era stato promesso quando c’è stata l’unificazione. E riportavo il caso di Taiwan, perché, secondo me, nella prospettiva di una super-unificazione, ovviamente fra le due Repubbliche vicine, credo che tanti settori della società taiwanesi osservino con attenzione quello che sarà il comportamento di Pechino rispetto a questa istanza. Al di là dell’integrazione economica, infatti, che ormai certamente è definitiva tra Hong Kong e la Cina, rimangono aperte questioni legate all’identità culturale e quindi anche alle dinamiche della società civile.








All the contents on this site are copyrighted ©.