Finanza e impresa sociale per superare la crisi

L’Italia deve “ cercare vie di sviluppo, cercando di trovare un nuovo equilibrio tra la crescita della produttività e la coesione sociale". Ne è convinto il presidente di Confindustria Giorgio Squinzi che oggi è intervenuto a Roma a un convegno sulla finanza sociale. D’altronde le esigenze del welfare cambiano e lo Stato non potrà far fronte a tutte le richieste. Alessandro Guarasci

L’Italia ha già un patrimonio di imprese sociali: circa 85 mila aziende che coinvolgono 750 mila dipendenti, attivi soprattutto nei servizi alla persona. L’obiettivo è rafforzare questo settore, dando un quadro di norme più certe. Per questo il governo ha messo in campo la legge delega sul terzo settore. Il presidente di Confindustria, Squinzi chiede che abbia un iter veloce, anche perché la crisi ci ha costretto a rivedere il welfare. Ma anche la finanza deve fare la sua parte, come dice il ministro del Lavoro Giuliano Poletti:

“No l’intervento assistenziale pubblico , tra virgolette, che viene assegnato: perché il pubblico è buono e mi ha dato… No! Tu hai bisogno di capitali per sostenere un progetto di sviluppo? Devi convincere gli investitori che quel progetto è fondato, che è in grado di camminare”.

I fondi sociali, dunque deputati a progetti di sviluppo sono ancora una minoranza. Ma deve cambiare la mentalità comune. Per esempio è un pessimo segnale aver incluso le attività criminali nel calcolo del pil, dice Letizia Moratti, co fondatrice della Fondazione San Patrignano

“E’ un messaggio estremamente negativo che viene dato alla comunità, alla società e ai giovani. Nel calcolo del Pil non sono inserite le attività positivi e quindi le attività di volontariato, per esempio. Mi auguro che questo errore, purtroppo commesso da Eurostat, sia - magari sotto il semestre di presidenza italiana - cancellato con un colpo d’ala etico e morale del governo italiano nei confronti dell’Europa”.