2014-09-24 13:12:00

Nelle ultime ore 13 raid della coalizione contro Is in Siria


Sono 13 i raid aerei della coalizione arabo-sunnita guidata dagli Stati Uniti compiuti nelle ultime ore nella regione orientale siriana di Dayr az Zor, al confine con l'Iraq, contro postazioni del sedicente Stato islamico (Is). Lo riferisce l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, precisando che i bombardamenti sono tornati a colpire anche il valico frontaliero di Albukamal-Qaim. Intanto, fa discutere l’assoluzione in Giordania del predicatore islamico considerato dai Servizi britannici il braccio destro di Bin Laden in Europa. E, nel giorno in cui si apre la 69.ma sessione dell'Assemblea generale Onu, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite affronta i contorni della crisi. Delle dinamiche della coalizione internazionale e delle prospettive del dopo intervento armato, Fausta Speranza ha parlato con Marco Lombardi, docente di Politiche della Sicurezza all'Università Cattolica di Milano:

R. - In fin dei conti, in questo momento, sta accadendo che di fatto in quell’area uno Stato chiamato Siria praticamente non c’è più. Intendo dire: la Siria è un Paese da anni in conflitto interno e in questo momento ci sono altri Paesi che stanno bombardando parti di territori che già erano fuori del controllo dello Stato. Infatti, tutta la zona di Aleppo, di Raqqa - che conosciamo per i bombardamenti in atto - è ormai al di fuori del controllo del governo siriano, perché è sotto il controllo di Is.

D. - E’ tutto un altro scenario rispetto al conflitto che va avanti da oltre tre anni. Si commenta anche che, a questo punto, le forze della coalizione siano alleate di Assad contro l’Is. Come fotografare il conflitto in questo momento in Siria?

R. - Ormai “Siria” è un vecchio modo di chiamare un territorio del quale restano alcune istituzioni un po’ perse: penso al presidente Assad. Con lui si cerca forse di ricucire per l’intervento contro Is, ma non oserei parlare di “alleati”. Ricucire può significare avere rapporti per esempio di informazione di quello che si va a fare sul territorio. La presenza di Is è andata a colmare un buco, lasciato in un Iraq fallimentare, in una Siria fallimentare, di assenza di governo tra Iraq e Siria. E ha completamente distrutto, a mio modo di vedere, quelle che erano le entità statuali allora presenti.

D. – Che dire di questa coalizione - Stati Uniti e Paesi arabi - ma anche con la Francia esposta in prima linea?

R. - Una strana coalizione, anche perché ci sono dentro Paesi arabi che da tempo hanno sostenuto il terrorismo. Mi lasci dire che l’Arabia Saudita, gli wuabiti, sono un problema. Il Qatar è stato un attore estremamente significativo anche del finanziamento di gruppi terroristici di recente. È sicuramente una coalizione opportunistica all’estremo, che in questo momento ha identificato un nemico nell’Is e quindi si trovano a combatterlo sul campo.

D. - Tutti concordano nel combattere la minaccia del cosiddetto Stato Islamico, ma c’è un piano per il dopo?

R. - Il grande dubbio è questo: al momento sono tutti aggregati nel combattimento, però senza un "dopo" ci ritroviamo con problemi ancora più gravi. Is in questo momento fa vedere che c’è una possibilità, anzi una necessità, di rivedere i rapporti con la Turchia - altamente problematica - con la Siria che non c’è più, con l’Iraq che non c’è mai stato e l’Iran che evidentemente deve avere un altro ruolo. In questa visione, dobbiamo collocare l’azione immediata dei combattimenti. Senza questa visione, andiamo a procrastinare il caos. Eliminare Is - che è uno Stato che si va costituendo e questo è l’enorme problema - per andare a rilasciare un "buco" creerebbe una criticità che distruggerebbe la coalizione e farebbe emergere tutta la divisione in questo momento ricomposta dalla necessità di usare le stesse pallottole verso le stesse persone o verso gli stessi target.








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