2014-09-20 12:28:00

Papa in Albania. Caritas Tirana: nostro Paese guardato da Dio


Due i temi chiave di questa visita in Albania sottolineati dal Papa stesso durante la conferenza stampa di rientro dalla Corea: il tema dei martiri e quello del dialogo interreligioso. Due temi che stanno molto a cuore a Papa Francesco, che li ha sottolineati, all’epoca in Corea, e gli ha sottolineati ancora per questo viaggio in Albania. Stefano Leszczynski ha chiesto al dottor Albert Nikolla, direttore della Caritas albanese e coordinatore del viaggio in Albania cosa significa per l’Albania questo viaggio del Papa:

R. – Direi che questo viaggio significa “Chiesa”, cioè significa proprio “ecclesia” nel senso più profondo della parola, ovvero comunione, e la comunità cattolica si sente molto emozionata da questa visita del Santo Padre perché il padre spirituale di tutti i cattolici è presente tra noi quel giorno. Per tutti gli albanesi significa un messaggio di pace, un messaggio di coraggio, nella strada che abbiamo intrapreso verso la comunità europea e questa emozione si percepisce da ogni parte dell’Albania. Tutti attendono il Papa con le porte aperte. Il Santo Padre ha pubblicato recentemente delle interviste che ho avuto il piacere di leggere e uno dei libri pubblicati recentemente dice che “la mia porta è sempre aperta”. Ecco, gli albanesi hanno spalancato le porte per il Santo Padre.

D. – Nel 1993, San Giovanni Paolo II è stato in Albania ed ha celebrato la ritrovata libertà religiosa nel Paese. Come si può confrontare l’Albania di allora con l’Albania di oggi? 

R. – L’Albania in quel momento era veramente traumatizzata, era una società uscita da una dittatura spietata, orribile. Ma le sue parole sembrano, ancora oggi, molto attuali perché l’Albania è avanzata in questi anni di sviluppo abbastanza veloce e problematico dal punto di vista dei valori – problematico anche per il fatto che l’influsso del consumismo occidentale come forma mentis è stato abbastanza forte. Dunque, queste parole risuonano come attuali. Noi, come Chiesa in Albania, come gruppo di coordinamento, stiamo cercando di far passare un messaggio culturale importante: il dialogo interreligioso sul quale insiste il Santo Padre non è e non può rimanere una realtà a sé stante, perché è il fondamento di una convivenza civile. Sappiamo bene che il cristianesimo è l’elemento che ha fatto nascere la cultura e la civiltà europee.

D. – In questo contesto, dott. Nikolla, diventa particolarmente importante il ruolo dei laici albanesi…

R. – È assolutamente vero. I laici in Albania stanno assumendo un ruolo assolutamente importante. Ci sono tantissimi laici cattolici che stanno tornando sia dall’Italia che da altri Paesi europei in Albania e che sono accolti bene dalla Chiesa locale. Esiste una tradizione dei laici, benché i laici albanesi hanno lavorato nel loro Paese anche prima del Concilio Vaticano II e malgrado l’esistenza di una mentalità abbastanza difficile per i laici. Però basta ricordare il fatto che, tra i quaranta martiri di cui è stato avviato il processo di canonizzazione, ci sono anche laici. Questo è veramente un punto interessante nella vita della Chiesa in Albania. Dunque, il ruolo dei laici è per me veramente fondamentale, ma vorrei comunque ringraziare tutto l’episcopato albanese perché ha creato degli spazi veramente fruttuosi, di collaborazione con i laici: ha dato degli spazi ai laici affinché questi potessero dare il proprio contributo nella Chiesa.

D. – Quale può essere il ruolo dei giovani nella Chiesa d’Albania e, soprattutto, alla luce dei tanti problemi di giustizia sociale presenti nel Paese?

R. – Il ruolo dei giovani è per me fondamentale oggi e ovunque nel mondo. Per quanto attiene all’Albania, il ruolo dei giovani è fondamentale per un motivo storico e antropologico, perché i giovani di oggi sono nati nel 1990, quando è caduto il regime. Questi giovani non hanno vissuto il comunismo e sono cresciuti nella Chiesa che stava rinascendo. Così, con le loro azioni, con il loro operare, con la loro fede, essi diventano veri ed autentici evangelizzatori, mentre c’è stata una generazione, alla quale appartengo io stesso, che ha avuto e vissuto dei momenti bui nel corso della sua storia, bui anche spirituali. Questo perché siamo nati nel 1960 e abbiamo vissuto un certo comunismo, vivendo un momento di difficoltà nel nostro intimo, nel nostro essere, di fronte a questa violenza istituzionale del comunismo. Dunque, i giovani li vedo estremamente importanti per la vita della Chiesa albanese. Per quanto riguarda la giustizia sociale, credo ci sia molto da fare. L’Albania è una realtà multiculturale, multireligiosa, e fare giustizia sociale, proteggere i meno abbienti, i poveri, gli ammalati, gli orfani, le vedove, è un po’ diverso dal punto di vista culturale rispetto alla realtà italiana o europea. Questo perché noi facciamo questa protezione, questa giustizia sociale, soprattutto con le nostre azioni, aiutando.

D. – Dottor Nikolla, una riflessione e una speranza per questa visita…

R. – Chiuderei con un’analogia. Quando ho letto l’intervista di padre Antonio Spadaro della Civiltà Cattolica a Papa Francesco, mi ha colpito molto un punto. Il Papa diceva di essere un peccatore al quale Dio ha guardato. Ecco, io credo che l’Albania sia un Paese di peccatori al quale il Papa ha guardato.

 

Subito dopo il suo arrivo Albania, Papa Francesco incontrerà verso le 10, nel palazzo presidenziale di Tirana, le autorità del Paese. Fra loro vi è una delle personalità più direttamente impegnate nell’organizzazione della visita pontificia, il ministro della Cultura, Mirela Kumbaro, intervistata da Jean-Baptiste Cocagne:

R. – Noi riteniamo che la visita del Papa non sia soltanto l’evento di un giorno e non si possa ridurre soltanto a qualche ora di presenza nella capitale. Noi lo abbiamo concepito sin dall’inizio come un grande evento, importante per tutta la nazione, per tutti gli albanesi che vivono non soltanto in Albania, ma anche negli altri Paesi della regione – Kosovo, Macedonia, Montenegro – e per tutte le popolazioni dei Balcani. Abbiamo anche considerato che questo è un evento che deve durare, che deve lasciare tracce e ha già cominciato a farlo con tutti i cantieri che il governo ha già organizzato per la preparazione di questa visita, partendo dalla preparazione della Piazza Madre Teresa – anche lei di origine albanese – dove avrà luogo la Messa. Quindi, anche una riabilitazione importante di parte della capitale e del patrimonio culturale. Ci stiamo prepariamo poi per ricevere i giornalisti, sia albanesi che stranieri, che saranno presenti per seguire la visita del Papa in Albania: noi vogliamo approfittare di questa occasione per mostrare a tutto il mondo che l’Albania non è “un giorno”, è un Paese che vive, anche con i due messaggi che il Papa ci ha consegnato. Questa visita rappresenta anche un evento culturale molto importante, non nel senso stretto del termine, ovvero della cultura artistica, ma cultura intesa come civilizzazione. Dunque, abbiamo preparato una serie di eventi culturali che si svolgeranno non solo a Tirana e non soltanto nel giorno della visita del Papa e che sono in realtà già cominciati in diverse città, così che tutti gli albanesi si sentano coinvolti in questa atmosfera incandescente, che è già percepibile e che certamente continuerà anche dopo della visita del Papa. Non dimentichiamo poi un fatto: penso che questa visita sia un po’ particolare e diversa dalle altre visite del Papa. Per noi è stato un qualcosa di improvviso, un colpo forte, quasi un fulmine a ciel sereno. E’ stata decisa, penso, in un momento di forte emozione del Papa, durante l’incontro con il primo ministro Edi Rama, che lo ha invitato personalmente. Dunque, una risposta di cuore… Per noi questo è molto importante e vogliamo cercare di dare tutta la dimensione che questa forte emozione merita e che deve essere messa in evidenza.








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