2014-09-18 13:28:00

Il card. Maradiaga: anche i poveri hanno diritto a formare una famiglia


L’impatto della crisi economica e sociale sulle famiglie. Le sfide pastorali di fronte alla precarietà dei sentimenti che minaccia il tessuto familiare. Sono stati alcuni dei temi al centro del Seminario internazionale “La famiglia una risorsa per superare la crisi”, apertosi oggi a Roma e promosso da Caritas Internationalis e dal Pontificio Consiglio per la Famiglia. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Un’economia non può definirsi moderna se concentra le ricchezze, se produce disoccupazione, se divide l’umanità tra “inclusi ed esclusi”. La vera sfida, ha detto il cardinale Oscar Maradiaga, presidente di Caritas Internationalis, è di rifondare insieme con le famiglie e sui valori evangelici “un’economia e una società veramente orientate al bene comune”:

R. – Uno dei punti è cosa fare per aiutare i giovani che vogliono costituire una famiglia: se non hanno possibilità di uscire da una povertà estrema, non potremo avere famiglie sane. E’ necessario che ci preoccupiamo dei poveri nel tema della famiglia. Anche loro hanno diritto a formare una famiglia. Anche loro hanno diritto ad avere le condizioni necessarie per guardare al futuro con speranza e non semplicemente come un sopravvivere.

D. – E oggi, per le famiglie, è sempre più difficile trovare delle risposte che consentano di guadare con maggiore serenità al futuro…

R. – Come possiamo raccomandare ai giovani di sposarsi se non hanno casa e neppure una possibilità di avere una casa, date le condizioni economiche attuali? Il bene comune vuol dire favorire il futuro dei giovani, perché possano formare famiglie, perché possano vivere con una qualità di vita. La qualità di vita non è soltanto considerare tutto quello che offre la società consumistica, ma offrire veramente le condizioni perché ogni persona possa vivere con dignità.

Deve essere valorizzata – ha aggiunto mons. Vincenzo Paglia, presidente del Pontificio Consiglio per la Famiglia – la dimensione della povertà intesa come sobrietà ma, soprattutto, “come libertà dalla schiavitù del consumo”:

R. – Il non essere schiavi dell’iperconsumismo, delineare una vita più sobria. Tutto questo è un valore che va riscoperto, perché aiuta il mondo ad essere più umano. Noi cristiani dobbiamo riscoprire quella spesso dimenticata frase di Gesù: “C’è più gioia nel dare che nel ricevere”.

D. – E alla fragilità economica si aggiunge la vulnerabilità dei sentimenti: le famiglie faticano a restare unite…

R. – Le famiglie ferite hanno bisogno del sostegno delle famiglie più sane. Io credo che la parabola del Buon Samaritano sia il paradigma della Chiesa di oggi ma, direi, della vita di chiunque. Non a caso, il samaritano non era un credente. Spesso, i credenti come quel prete o quel sacrestano, guardano, vedono, e passano oltre: dobbiamo fermarci, stare accanto a tutte le famiglie messe ai margini della vita per aiutarle. C’è bisogno prima di trovare un po’ di olio e vino, poi delle bende e poi – siccome nessuno di noi è il “Nembo Kid”, delle soluzioni – c’è bisogno di chiedere aiuto alla comunità, sia civile sia religiosa.








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