La nuova forza delle Nazioni Unite in Centrafrica (Minusca) ha ufficialmente preso ieri il comando del mantenimento della pace nel Paese, sostituendo la forza militare africana Misca. La forza Onu avrà a disposizione, in questa prima fase, 7.600 uomini, ma in totale arriverà a contare 12.000 unità tra soldati e poliziotti. Sul ruolo avuto dalla Misca, Christelle Pire ha sentito mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui:
R. - La Misca a portée une solidarieté …
La Misca ha portato una solidarietà
africana dove i centrafricani erano in difficoltà, presi nei loro conflitti interni,
non riuscivano più a parlarsi senza uccidersi; la Misca si è fatta da intermediario
per mettere fine alle uccisioni, alle violazioni dei diritti umani, agli stupri, ai
massacri di massa. A questo livello bisogna essere riconoscenti, perché se non ci
fosse stata la Misca forse avremmo conosciuto il peggio. Allo stesso tempo, la Misca
è anche una forza africana. Molte forze africane hanno difficoltà al livello di materiali.
Le forze africane in certi ambiti erano abbandonate a se stesse e questo ha mostrato
i loro limiti. Ecco perché era arrivato il momento che subentrasse un'altra forza,
dell’Onu.
D. - Ci sono ancora violenze nel Paese. Pensa che queste nuove forze che sono sotto l’autorità dell’Onu saranno più capaci di calmare le tensioni?
R. - Les forces qui sont venues sous l’autorité
…
Le forze dell’Onu potrebbero essere
anche un miliardo o anche di più! Ma se i centrafricani non prendono coscienza che
questo Paese ci appartiene, che siamo chiamati a vivere insieme, anche se fossero
un miliardo i soldati dell’Onu, non riuscirebbero a fare nulla. Le forze della Misca
devono essere un punto di riferimento, per dare sostegno ai centrafricani nei loro
sforzi di riconciliazione. Penso che i soldati siano i benvenuti, ma la prima riposta
deve venire dal Centrafrica.
D. - Ci sono state delle manifestazioni che chiedevano ai francesi dell’operazione Sangaris di lasciare il Paese, passando le consegne alla Misca. La Francia ha iniziato a lasciare il Centrafrica a partire dalla fine dello scorso anno. Questo contribuirà a calmare le acque?
R. - Je pense que il faut qu’on ne se trompe pas
d’adversaire …
Credo che dobbiamo fare attenzione
a non sbagliare “nemico”: il primo nemico siamo noi centrafricani quando cominciamo
a seminare l’odio, la vendetta; quando cominciamo a diffamare: questo è il nemico
che dobbiamo combattere! Certo, gli altri che sono venuti qui, hanno avuto i loro
limiti, non hanno saputo risolvere tutti i nostri problemi. E ora, noi cerchiamo dei
capri espiatori. Non voglio giustificare nessuno, ma lo dico perché noi, come centrafricani,
ricominciamo daccapo. Quello che è accaduto ormai è accaduto; ora, in prima linea
ci siamo noi, i centrafricani; i francesi hanno concluso la loro missione. In alcune
circostanze i soldati della missione Sangaris hanno avuto un ruolo importante: due
settimane fa c’è stato un incidente stradale; i soldati sono venuti con l’elicottero
e hanno portato i feriti in ospedale, salvando delle vite. Non bisogna nascondere
la faccia: bisogna dire la verità. Hanno fatto anche cose positive. Se poi ci sono
stati errori, è un’altra questione: è umano. Ma non bisogna fermarsi a questo, bisogna
andare avanti. Bisogna guardare piuttosto al compito che era stato affidato e che
è stato realizzato: dare una certa stabilità per preparare la missione dell’Onu che
è appena arrivata.
All the contents on this site are copyrighted ©. |