2014-09-14 14:51:00

Vaccari: a Redipuglia, il Papa ha scosso le coscienze sulla guerra


L’omelia di Papa Francesco al Sacrario di Redipuglia - pellegrinaggio ricordato dal Pontefice anche all'Angelus - ha avuto una forte valenza di denuncia del male della guerra come anche dell’indifferenza con la quale troppo spesso si guarda alle sofferenze dei popoli travolti dai conflitti. Vibrante anche la denuncia degli interessi che si nascondono dietro le guerre, piccole o grandi che siano. Per un commento sull’omelia del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato Franco Vaccari, presidente dell’associazione “Rondine-Cittadella della pace”:

R. - Due grandi emozioni. Una, come dire, si è riacutizzato un dolore: in questo momento sono a "Rondine-Cittadella della Pace", e veniamo da un luglio e ad un agosto terribili, perché qui abbiamo studenti palestinesi e israeliani, tra gli altri; abbiamo gli studenti russi e della zona del Caucaso e quindi le due grandi crisi che sono qui davanti a noi le viviamo quotidianamente. Ecco, quindi si riacutizza tutto il dolore. Come dire: viene fuori il dolore del “siamo ancora lì”. Ci sembra che veramente l’uomo non impari mai! Questa è la prima grande cosa. E la seconda, però, è la consolazione perché mi pare che il Papa abbia centrato una cosa formidabile che è l’indifferenza: questo ripetere “A me che importa?”. Questa domanda che genera tutti i mali. L’indifferenza che è la tragica illusione, anche del nostro tempo, di una società - per mutuare un po’ la Parola di Dio - dei buontemponi, che se la ridono e se la cantano e che vanno dritto contro un muro di nuovo, come gli scenari che abbiamo sotto gli occhi ci presentano.

D. - A Lampedusa, pensando alle vittime del Mediterraneo, Francesco aveva domandato “Chi ha pianto?”; per l’appunto adesso un altro interrogativo di fronte alle guerre: “A me che importa?”. Il Papa in un qualche modo, interroga la coscienza del mondo con queste domande così forti, che poi si ricordano effettivamente e si ricorderanno…

R. - Dovrebbero essere domande che ci facciamo la sera prima di addormentarci, con un esame di coscienza. Forse è una pratica che nella cultura del nostro Occidente è un po’ in disuso questa…. Quindi un Papa che si fa umile, lui per primo, e che invece di proporre risposte certissime di fronte a questi inediti scenari, ci ripropone la domanda che è di tutti noi, mi pare grande, ci arriva subito, ci arriva nel profondo e ci fa subito comunione, comunione oltre ogni differenza e oltre ogni appartenenza.

D. - Anche oggi, "dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale - ha detto il Papa - forse si può parlare di una terza guerra combattuta a pezzi". Quindi torna questo pensiero così forte di una Terza Guerra Mondiale in un qualche modo non dichiarata, ma combattuta in modo - appunto - frammentato…

R. - Sì, scuote le coscienze! Come se all’improvviso prendessimo coscienza di qualcosa che sentivamo, ma che non volevano sentire; vedevamo, ma non volevano vedere. Questa parola ripetuta evidentemente nel suo magistero ci tocca, ci inquieta, direi anche un po’ ci angoscia.

D. - Francesco ha anche indicato con molta chiarezza quali sono gli interessi: i piani geopolitici, avidità di denaro e di potere e l’industria delle armi - ha detto - che sembra essere tanto importante…

R. - Certo. Infatti l’intervento salda perfettamente la dimensione prioritaria della coscienza di ciascuno di noi, che se non è vigile non fa partire mai nulla di duraturo e di efficace per la storia, fino agli esiti culturali certamente, ma anche agli esiti politici. E questo mercato delle armi, la parte clandestina tutta legata al malaffare e alle criminalità mondiali trasversali organizzate, fa parte di quelle immagini che già aveva usato Giovanni Paolo II con le “strutture di peccato”, cioè quell’insieme di interessi che alla fine sembrano governare il mondo, al di là di quello che le singole persone possono fare. Mi pare, quindi, che questa visione generale va da quello che può fare la persona alla lucidità della visione globale. Questa è per noi una sollecitazione a vivere la nostra domenica con una consapevolezza migliore e non nell’impotenza del “che cosa si può fare?”. La domanda è posta alla radice della nostra coscienza e lì tutti possiamo dare una risposta.








All the contents on this site are copyrighted ©.