2014-09-11 13:57:00

Libia: Ue vede rischi di nuovo califfato islamico


In Libia la situazione potrebbe peggiorare con un nuovo focolaio dello Stato Islamico: è l’allarme lanciato ieri a margine del meeting dei ministri della difesa europei. E un nuovo appello al dialogo arriva dall’inviato speciale dell’Onu nel Paese nord-africano, mentre sul terreno si continua a combattere a Bengasi e a Sud-Ovest di Tripoli, 50 le vittime. Il servizio di Marco Guerra:

La Libia potrebbe diventare un nuovo terreno di espansione dello Stato Islamico. Lo ha detto al termine di un incontro con i suoi omologhi europei il ministro della Difesa italiano, Roberta Pinotti. “Il tema della Libia ha una sua specificità – ha spiegato il ministro -, ma che rischia una degenerazione che potrebbe diventare foriera di sostenere lo sviluppo di quel califfato islamico che ora vediamo in Iraq e Siria”. Nei giorni scorsi, fonti militari egiziane già avevano confermato un coordinamento tra il gruppo Ansar al Sharia e l’Is, che passa anche per il ramo in Sinai delle formazioni jihadiste. Ed è proprio infatti Il Cairo a guidare un’iniziativa per riportare ordine e stabilità nel Paese, attraverso il cessate il fuoco e il disarmo delle milizie "irregolari". Intanto il Paese resta diviso in diverse aree di influenza, con il parlamento eletto a Tobruk, le milizie islamiste a Tripoli e i jihadisti più integralisti di Ansar a Bengasi, deve si continua combattere. Violenze anche a Warshefana, roccaforte fedele al defunto rais Muammar Gheddafi assediata dalle milizie filo-islamiche. Qui si contano almeno 50 morti in 3 giorni di combattimenti. Ma sul rischio del califfato sentiamo Arturo Varvelli, esperto dell’Ispi, l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale:

R. - Io penso che le due cose rimangono separate, perché i due gruppi - quello dello Stato Islamico e le milizie libiche - hanno comunque diversi obiettivi, perché sono finalizzati naturalmente all’interno delle aree in cui operano. Invece è vero - senza ombra di dubbio - che vi siano collegamenti tra le milizie islamiche radicali presenti sul territorio libico - in particolare in Cirenaica - e lo Stato Islamico. Questo è accertato dal fatto che numerosi combattenti libici sono presenti sul teatro siriano e iracheno. Bisogna anche ricordare che i libici - e in particolare i provenienti dalla Cirenaica - sono sempre stati molto numerosi sui fronti iracheno e afghano nei decenni passati. Questi legami si formano quasi naturalmente all’interno di un quadro jihadista di tutta l’area.

D. - La Libia potrebbe essere una sorta di testa di ponte del terrorismo islamico verso l’Europa: l’Unione Europea se ne è accorta solo adesso? L’ha sottovalutata?

R. - Io penso che l’allarme arrivi ora perché ci sono motivazione politiche molto evidenti, motivazioni politiche che pongono l’attenzione verso lo Stato Islamico e insieme verso una nuova ondata di jihadismo nell’area. Il problema è che adesso l’Is, avendo conquistato grande parte del territorio, ha posto una nuova enfasi anche mediatica sulla situazione: la minaccia purtroppo si può reiterare in altre aeree e certamente la Libia è una di queste, perché esiste uno stato di anarchia nel Paese: uno stato di anarchia che non è stato superato neanche dalle elezioni del giugno scorso… Forse, volendo guardare bene, queste elezioni hanno accresciuto l’instabilità nel Paese, perché hanno fatto sì che la Fratellanza musulmana venisse quasi esclusa e in questa maniera ha, in qualche modo, polarizzato sul piano militare ancora di più la situazione. Quindi, in questo momento, certamente la Libia può essere un nuovo "campo d’azione".

D. - Quindi sul terreno resta il caos più totale. Alcune settimane fa si parlava di una Libia divisa in tre…

R. - Le prospettive rimangono negative! Non vedo una Libia divisa in varie zone di competenza, anche perché nessuno è capace - come abbiamo visto a Tripoli, come abbiamo visto a Bengasi, dove ci sono ancora forze che combattono - di controllare integralmente il territorio. Mi aspetto ancora instabilità e probabilmente scontri, perché questo è dettato anche dall’influenza di potenze straniere. Abbiamo visto che l’Egitto, naturalmente, in mano ad Al-Sisi e ai militari, non può certamente tollerare una Libia e una Cirenaica in particolare in mano alle milizie estremiste e islamiche; ma neppure può tollerare - tutto sommato -  una Libia che cada nella sfera di influenza, seppure politica, della Fratellanza musulmana. Quindi la situazione è molto complessa e non può che essere risolta in un tempo medio-lungo - purtroppo! - da un nuovo processo di riconciliazione nazionale: la guerra civile libica non è terminata con la caduta di Gheddafi. Deve essere posta a termine solamente con un nuovo patto sociale tra i cittadini, tra i libici.








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