2014-09-09 12:47:00

Sierra Leone: la voce della Chiesa per prevenire il contagio di Ebola


“Ebola è un virus talmente virulento che non può essere trattato facilmente; solo gli esperti possono eseguire il test per identificare il virus e determinare lo stadio dell'infezione. Per questo la Chiesa cattolica, attraverso l’ufficio nazionale e quelli diocesani della Caritas, ha intrapreso un’opera di sensibilizzazione della comunità, dentro e fuori dalla Chiesa. Ciò include la sensibilizzazione della popolazione su Ebola, i suoi sintomi più evidenti, come si tramette da persona a persona e come può essere prevenuta. Anche noi vescovi siamo coinvolti. Ad esempio, ad ogni Messa io ho parlato dell'epidemia di Ebola, di come il virus si contrae e si trasmette, e sui metodi per mantenere al sicuro se stessi e gli altri”. E’ la testimonianza resa all’agenzia Fides da mons. Edward Tamba Charles, arcivescovo di Freetown, capitale della Sierra Leone, uno degli Stati africani più colpiti dal virus.

Secondo una delle ultime disposizioni, la popolazione dovrà rimanere in casa per quattro giorni, dal 18 al 21 settembre, per impedire l’ulteriore diffondersi dei contagi e monitorare la situazione.

Il comunicato del Ministero della Sanità locale, al 6 settembre riportava 260 casi di pazienti sopravvissuti e dimessi, 23 nuovi casi confermati, 414 morti, 1.234 casi confermati. Il Ministero informa inoltre che 16 delle 20 autoambulanze ordinate dal governo per fronteggiare le esigenze dell’emergenza sanitaria sono giunte nel Paese africano.

Operatori del Ministero della Salute e Igiene e dell'Unicef hanno illustrato ai leader religiosi le tecniche di base per evitare il contagio, questi a loro volta le hanno trasmesse ai membri delle rispettive comunità. Tra le precauzioni sono inclusi l’evitare i contatti fisici e il regolare lavaggio delle mani con acqua clorata o sapone e l'uso di disinfettanti. “A questo proposito – prosegue mons. Tamba Charles -, abbiamo abolito la stretta di mano per scambiarci il segno della pace durante la Messa e distribuiamo la Comunione in mano. Abbiamo messo anche acqua clorata o acqua trattata con disinfettante alle porte delle chiese per i fedeli, per lavarsi le mani prima di entrare per la Messa. Anche i musulmani stanno facendo lo stesso nelle moschee”.

L’arcivescovo sottolinea che la risposta della Chiesa cattolica all’emergenza è duplice: sensibilizzazione e distribuzione di materiali sanitari. “L'epidemia di Ebola è ancora tra noi – conclude l’arcivescovo di Freetown -. Pertanto continueremo l’opera di sensibilizzazione. Continueremo anche la nostra collaborazione con gli altri altri leader religiosi, cristiani e musulmani, perché i capi religiosi sono ancora tenuti in grande considerazione nel Paese e le nostre comunità religiose superano tutti i confini di razza, tribù, regione”. (R.P.)








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