2014-09-09 10:33:00

La marijuana mette a rischio l'integrità psicofisica


La comunità scientifica torna sulla pericolosità della marijuana. Secondo gli studiosi, chi ne fa uso, oltre a mettere a rischio la propria integrità psicofisica, dimentica che la marijuana molto spesso è l'anticamera al consumo di altre sostanze stupefacenti. Sul fenomeno della dipendenza in Italia e sulle conseguenze che può comportare per la salute Antonio Elia Migliozzi ha intervistato il dott. Giovanni Serpelloni direttore del dipartimento sulle dipendenze  dell'Ulss di Verona.

R. – I numeri sono assolutamente preoccupanti: circa il 20% delle persone, comprese fra i 15 e i 19 anni, ma possiamo spingerci anche fino ai 23-24%, fa uso di queste sostanze almeno una volta all’anno. I dipendenti sono leggermente meno, quelli che hanno proprio una vera sintomatologia per cui devono ricorrere tutti i giorni a questa sostanza: sono assolutamente persone che stanno mettendo a rischio la loro integrità psicofisica, perché questo tipo di sostanza può dare una serie di alterazioni. Il cervello finisce la maturazione verso i 21 anni, 22: durante questa fase, se si introducono sostanze che alterano il normale equilibrio neuroendocrino, anche all’interno dello sviluppo dei neuroni del cervello, chiaramente, si hanno strutture e funzionalità completamente diverse quando si sarà adulti.

D. - La marijuana crea dipendenza? Quali sono le conseguenze sulla salute del soggetto che la assume?

R. – La marijuana crea dipendenza. Dipende chiaramente dalla quantità giornaliera che viene assunta e dipende anche dal tipo di marijuana. C’è marijuana della Cannabis ad altissima percentuale di concentrazione di principio attivo e questa concentrazione di principio attivo, che può arrivare in certi concentrati anche fino al 60% di principio attivo - chiaramente non nelle foglie ma nelle resine - è pericolosissima perché pensiamo che una pianta normalmente va dall’1,5, 2,5% di principio attivo. Quindi vuol dire avere veramente grandi dosi che entrano all’interno del corpo. Le conseguenze sono soprattutto per il cervello degli adolescenti: un calo immediato della motivazione, la motivazione ad affrontare i problemi tutti i giorni della vita, ad affrontare i problemi anche della scuola e del lavoro; un calo dell’apprendimento, perché la marijuana va a ridurre la capacità di memorizzare, interferisce con la “working memory” ed è una cosa che può creare un calo dell’apprendimento scolastico; riduce il quoziente intellettivo. Ci sono studi che fanno vedere che a distanza di 10, 15 anche 20 anni, ci possono essere fino a 8 punti di perdita del quoziente intellettivo nelle persone che hanno usato queste sostanze durante la giovinezza. Inoltre, può creare alterazioni del coordinamento psicomotorio e questo interviene soprattutto creando un aumentato rischio di incidentalità stradale, può creare anche una diminuzione della stima del pericolo: pensiamo durante le attività lavorative, magari con mansioni a rischio. E’ estremamente pericoloso utilizzare questa sostanza.

D. - L’uso di cannabis può essere l’anticamera per la dipendenza da altre droghe?

R. – Può essere un’anticamera. Ci sono persone definite in termine tecnico “vulnerabili”, cioè che hanno sistemi neuropsichici particolarmente sensibili all’uso di droghe. Se queste persone utilizzano la cannabis, che è quella considerata meno a rischio nel sentire comune - la percezione che hanno molti giovani, che tanto non fa niente, è errata: non è vero, perché tu sei vulnerabile -, c’è un aumento della probabilità di diventare cosiddetti “evolutivi”, di passare da sostanze quali la cannabis a sostanze particolarmente pericolose e più psicoattive - la cocaina, l’eroina o le anfetamine - e questo è provato non solo nell’uomo ma nei modelli animali di sperimentazione.








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