2014-09-08 15:14:00

Scozia: i sondaggi danno la maggioranza agli indipendentisti


Per la prima volta in Scozia i sondaggi registrano il sorpasso del fronte indipendentista che si attesta al 51%. Il governo britannico, a 10 giorni dallo storico referendum fissato per il 18 settembre, è pronto ad offrire più autonomia. Circa le ragioni e le possibili ripercussioni politiche ed economiche del referendum, Antonio Elia Migliozzi ha intervistato Francesco Gui docente ordinario di storia presso l’università “La Sapienza” di Roma.

R. - Bisogna tener conto che più o meno dagli anni ’70 c’è stata una crescita del senso di indipendenza. Pare che in alcuni sondaggi fatti negli anni scorsi fosse emersa anche l’idea che la maggioranza fosse quella composta dagli autonomisti e non viceversa. Quindi quello che possiamo registrare è che dal Dopoguerra, con il passare degli anni, c’è stata una crescita della volontà di essere più autonomi rispetto all’Inghilterra. Non è una sorpresa in assoluto; il fatto che stia crescendo in questi giorni mostra un’impazienza e forse anche una volontà di contrattare con maggiore forza con l’Inghilterra.

D. - Preoccupano le ripercussioni economiche e politiche di un’eventuale vittoria referendaria degli indipendentisti scozzesi?

R. - La Scozia, dal punto di vista demografico, non ha un numero enorme di abitanti se paragonati all’Inghilterra; si tratta di poco più di cinque milioni di abitanti. Quindi è un impatto in cui, secondo me, l’aspetto psicologico e politico direi che è superiore, sia pure chiaramente non trascurabile un eventuale distacco; la questione va inserita in un contesto europeo. Il fatto che si cominci ad immaginare delle secessioni all’interno degli Stati esistenti non riguarda solo l’Inghilterra. L’attuale assetto istituzionale dell’Unione Europea, soprattutto dopo l’ingresso dei Paesi balcanici, incoraggia un po’ troppo queste aspirazioni, perché si viene riconosciuti come Stati nazionali sovrani, dotati di diritto di veto su cose estremamente importanti, quindi con forte potere di ricatto, con presenza in tutti gli organi istituzionali. Quindi la tentazione è forte. È bene sviluppare delle soluzioni istituzionali che riconoscano le autonomie ma senza creare delle frammentazioni tali da mettere in discussione un po’ tutto.

D. - Cosa ha portato a questo referendum dopo 307 anni di legame tra Scozia ed Inghilterra?

R. - Mi è capitato di vedere che Luigi Einaudi, dopo la Prima Guerra Mondiale quando si fece promotore degli Stati Uniti di Europa, in qualche modo additava quell’episodio di unione tra Scozia e Inghilterra come un episodio da imitare. Certo, colpisce un po’ che adesso quello che era un modello diventi invece un episodio di disgregazione. Prima di dare un giudizio definitivo vediamo se si tratta di una trattativa - perché in fondo scozzesi ed inglesi di trattative ne hanno fatte tante per mettersi d’accordo - o sia veramente un atto deliberato di secessione. Questo mi sembra molto complesso anche perché, se la Scozia si rende indipendente poi deve chiedere l’ingresso nell’Unione Europea, ma l’Inghilterra può mettere il veto. A livello di Unione è stato detto: “Guardare che se tenete la Sterlina non va bene, perché allora non avete la sovranità monetaria e quindi non potete decidere della moneta”. Insomma probabilmente si tratta di un ennesimo episodio di contrattazione. 








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