2014-09-02 12:40:00

Mons. Kleda: Chiesa del Camerun cresce, tutela diritti è la sfida


Una comunità “ottimista” sul suo presente e il suo futuro, che registra un aumento di battezzati e di vocazioni. E insieme, una comunità in prima linea sulla frontiera dei diritti umani e della giustizia. Così, in sintesi, si presenta la Chiesa del Camerun, i cui vescovi sono da ieri in Vaticano per la visita ad Limina. Il loro presidente, mons. Samuel Kleda, delinea al microfono di padre Jean-Pierre Bodjoko quali siano le sfide pastorali più attuali:

R. – Le nostre sfide pastorali si inseriscono nel quadro della Nuova evangelizzazione: ossia come annunciare il Vangelo in modo che esso tocchi il cuore di ogni fedele e che ciascun fedele si lasci trasformare. Per realizzare questo obiettivo dobbiamo insistere sulla catechesi e sulla pastorale in generale perché tutti si impegnino ad essere dei veri testimoni di Gesù soprattutto nella società. Le sfide, o preferirei piuttosto parlare di preoccupazioni pastorali, evidentemente sono numerose: dalla giustizia, ai diritti, alla situazione della famiglia. Per risolvere tutti questi problemi occorre innanzitutto partire dall’annuncio di Gesù Cristo in Camerun perché tocchi il cuore di ogni fedele.

D. – Voi preferite parlare di preoccupazioni: tra queste ci sono anche le sètte?

R. – Sì è vero ci sono dei fedeli cattolici che lasciano la Chiesa ed entrano nelle sètte. Le sètte di per sé, a mio avviso, non sono una minaccia. Tuttavia alcune, come la “Rose Croix” [sètta esoterica pseudo-cristiana ndr] e la Massoneria, che fanno proseliti tra i quadri, possono diventare un problema in quanto inducono alcuni cristiani a condurre una doppia esistenza. Quindi, il nostro lavoro è di radicare i fedeli nella sola fede in Cristo perché evitino questa doppia vita.

D. – La Seconda Assemblea Speciale del Sinodo dei Vescovi per l’Africa aveva come tema “La Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace”. Qual è l’impegno della Chiesa in Camerun per mettere in pratica questi valori?

R. – Lavoriamo molto sul fronte della giustizia e della riconciliazione. Per quanto riguarda la riconciliazione, cerchiamo innanzitutto di entrare in dialogo con la società. Ad esempio, nelle elezioni politiche la Chiesa svolge un ruolo attivo attraverso la formazione di osservatori cristiani che lavorano in questo senso. Inoltre, la Conferenza episcopale pubblica regolarmente lettere pastorali e i vescovi cercano di dialogare con i dirigenti politici per promuovere la riconciliazione e quando ci sono conflitti intervengono con l’obiettivo di aiutare a trovare una soluzione pacifica.

D. – Qual è l’impegno della Chiesa in Camerun per la famiglia e come si sta preparando al Sinodo di ottobre?

R. – Per quanto riguarda il Sinodo, che è stato preparato molto bene, abbiamo risposto al questionario, ma la Provvidenza ha voluto che i vescovi dell’Africa Centrale riuniti nell’Acerac [l’Associazione regionale delle Conferenze episcopali di Camerun, Congo, Gabon, Guinea Equatoriale, Repubblica Centrafricana e Ciad - ndr] abbiano dedicato due sessioni a Libreville [nel 2013] e a Brazzaville [6-13 luglio 2014) proprio alle sfide alla famiglia in Africa oggi. Ci stiamo impegnando seriamente perché la famiglia africana diventi veramente quella “Chiesa domestica” proposta dal primo Sinodo per l’Africa.

D. – La situazione socio-politica della vostra regione è segnata dall’avanzata degli islamisti di Boko Haram in Nigeria, con cui il Camerun confina. Che impatto ha questa situazione sull’opera della Chiesa nel vostro Paese, dove alcuni agenti pastorali sono stati rapiti?

R. – In effetti, la situazione in Nigeria è preoccupante, perché ci sono ormai attacchi regolari anche in Camerun, in particolare nel nord. Da qualche tempo, quasi tutti i missionari di nazionalità straniera hanno lasciato la regione. Quindi il conflitto ha conseguenze gravi anche sulle attività missionarie e questo preoccupa tutti i vescovi del Camerun, dove ci sono anche rifugiati dalla vicina Repubblica Centrafricana. Di recente [il 19 luglio a Douala - ndr] abbiamo organizzato una giornata di preghiera per la pace in Camerun, perché la situazione non è buona.

D. – Si può dire che la Chiesa in Camerun è ormai autosufficiente?

R. – In effetti, la Chiesa in Camerun ha lavorato molto per diventare autosufficiente e molti progressi sono stati compiuti, sia per quanto riguarda l’annuncio del Vangelo – cresce il numero dei cristiani e delle vocazioni sacerdotali locali – sia per quanto riguarda l’autosufficienza economica, anche si tratta di un obiettivo che non si può raggiungere in un giorno. Siamo ottimisti, stiamo cercando di promuovere una pastorale che aiuti i fedeli a essere dei veri testimoni. La nostra gioia è di potere raggiungere l’obiettivo di annunciare ovunque Gesù Cristo.








All the contents on this site are copyrighted ©.