2014-08-28 13:56:00

La presenza dell'ideologia jihadista in Italia


“Nell’Unione Europea, sono migliaia i jihadisti e preoccupano anche l’intelligence italiana”. Lo ha affermato il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega ai Servizi segreti, Marco Minniti, dopo l’apertura di due inchieste, a Venezia e a Milano, sul reclutamento dall’Italia di combattenti alla volta di Siria e Iraq. Secondo stime approssimative, in Italia sarebbero 50 i jihadisti già partiti, 300  invece le persone interessate principalmente via web all’attività dello Stato islamico. Lorenzo Vidino, esperto di terrorismo al Politecnico di Zurigo e ricercatore associato Ispi, al microfono di Paolo Ondarza delinea il fenomeno del jihadismo italiano:

R. – E’ un fenomeno molto eterogeneo in cui troviamo soggetti di prima generazione, marocchini, algerini, nordafricani, etc.., ma troviamo anche un jihadismo nuovo, più autoctono, composto da soggetti nati o perlomeno cresciuti in Italia, immigrati musulmani di seconda generazione e  un numero sempre crescente di convertiti: questo nuovo mondo è meno legato al giro delle moschee, è più presente su Internet.

D. – Quindi, italiani convertiti all’islam?

R.– Sì, sì.

D. – In che termini possiamo quantificare questo fenomeno dei convertiti all’ideologia jihadista?

R. – Parliamo di numeri molto piccoli. Chiaramente, ci sono molti convertiti in Italia, decine di migliaia. Ma il fenomeno di convertiti radicali è statisticamente insignificante: qualche dozzina di soggetti.

D. – Colpisce in particolare a questo proposito un video di reclutamento tradotto anche in italiano che lo Stato islamico ha diffuso nelle ultime ore. Dà l’idea dell’attenzione che si ha da parte di questa realtà nei confronti dell’Italia…

R. – Sì è indubbiamente crescente. Cominciamo a vedere da tre-quattro anni questa scena italiana, autoctona. E’ presente in forma numericamente più consistente anche in Germania, in Olanda, in Inghilterra da 10-15 anni. Ora, sta arrivando anche in Italia. E’ una questione di demografia, di flussi migratori. L’immigrazione di massa in Italia inizia con gli anni Novanta, ora vediamo una seconda generazione di musulmani. In questa seconda generazione, un numero molto ridotto adotta questa ideologia jihadista.

D. – Dove è localizzato prevalentemente in Italia il numero più cospicuo di persone che aderiscono alla jihad?

R. – Sono, in realtà, sparsi per il Paese. Diciamo che una concentrazione numericamente più grande è al Nord.

D. – Sono già una cinquantina le persone partite dall’Italia che hanno aderito allo Stato islamico in Iraq e Siria…

R. – Queste sono le stime ufficiali. Tra questi 50, c’è un numero abbastanza importante di siriani che sono andati a combattere più che altro per difendere il proprio villaggio, la propria famiglia, per motivi più nazionalisti. Un buon numero però, invece, ha questa visione utopistica, abbraccia l’ideologia jihadista e vuole la costruzione dello Stato islamico.

D. – L’adesione ad una visione così intransigente dell’islam da cosa è motivata?

R. – Non si può dare una spiegazione. E’ chiaro che vanno escluse un paio di cose. Prima di tutto, va escluso il caso del lavaggio del cervello. Qui parliamo di soggetti che hanno una buona cultura, vivono in Occidente, hanno studiato nelle nostre scuole e hanno una capacità di prendere decisioni in maniera autonoma e informata. Al tempo stesso, non presentano particolari problematiche di esclusione sociale o di mancanza di educazione o di povertà. Parliamo di soggetti che informati compiono determinate scelte. C’è chi è alla ricerca di un senso di identità e lo trova in questa ideologia estrema, la ricerca di un senso dell’avventura, la ricerca del branco, della comunità… Questi soggetti rifuggono la società di tipo occidentale con le sue libertà e con i suoi costumi, con i suoi eccessi: sia con le cose che anche noi potremmo considerare negative come la droga, la prostituzione, ma condannano anche la libertà, la libertà di culto, la libertà di espressione… Tutto ciò che non fa parte di una visione estremista dell’islam viene da loro fuggito. Quindi, la cosa migliore per loro è scappare dall’Occidente e aiutare la costruzione di questo Stato utopistico.

D. – Uno Stato islamico che vuol dire uno Stato in espansione. Alcune settimane fa, aveva conquistato molta rilevanza sui giornali quell’annuncio dato dal capo dei jihadisti dell’Is: “Dopo l’Iraq toccherà a Roma”. Quanto c’è da prendere sul serio queste minacce?

R. – Senza esagerare. E’ chiaro che la visione di uno Stato islamico, di un gruppo armato che conquista Roma, è qualcosa che al momento è ridicola. Però, che ci sia un’ambizione a compiere attentati in Occidente per dimostrare la propria potenza, queste dinamiche non sono da escludere.

D. – Il fenomeno in Italia comunque è monitorato, è sotto controllo?

R. – Sì, in Italia il livello di attenzione è alto, il lavoro è meno importante che in altri Paesi. Quindi, non parliamo dei 500-600 jihadisti dell’Inghilterra della Francia ma parliamo di numeri molto più ridotti, quindi facilmente monitorabili. Chiaramente, nessun sistema di antiterrorismo è perfetto, però diciamo che il livello di attenzione è consono.








All the contents on this site are copyrighted ©.