2014-08-27 13:31:00

Ebola. Un missionario: "In Nigeria contagi limitati"


Ancora allarme per l’epidemia di Ebola che ha colpito quattro Paesi dell’Africa occidentale e parte della Repubblica Democratica del Congo con, in totale, quasi 1.500 morti accertati. Il contagio però sembra essere relativamente limitato in Nigeria, dove autorità, organizzazioni non governative e leader religiosi lavorano insieme per contrastare il virus. Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente ad Akure, nel sud del Paese, padre Italo Spagnolo, missionario Salesiano:

R. – Noi siamo a circa 250 chilometri da Lagos, dove casi letali sono giunti dalla Sierra Leone. La zona più controllata è quella di Lagos e dintorni. I nostri vescovi di questa zona si sono immediatamente incontrati e hanno anche dato disposizioni in ambito liturgico: evitare il segno della pace con la stretta di mano, hanno chiesto di togliere l’acquasantiera all’entrata della chiesa, hanno consigliato la comunione presentata nelle mani, cosa che qui finora non era permessa… Cioè, c’è una sensibilizzazione molto sostenuta a livello di informazione per prevenire la diffusione dell’Ebola.

D. – Quindi, qual è stata la reazione della popolazione a questi casi che si sono registrati a Lagos?

R. – Panico tra quelli che sono un po’ più sensibili, un po’ di superficialità nel dire “non ci tocca ancora da vicino” in altre persone che sono meno sensibili. Certo che le informazioni di prima pagina a caratteri cubitali di questi giorni hanno riportato i casi e tutta la situazione, anche nei dettagli, connessi al fenomeno Ebola.

D. – Quindi, ci sono stati provvedimenti concreti da parte del governo per contrastare una possibile diffusione del virus?

R. – Le prevenzioni per evitare il contatto personale e soprattutto per isolare immediatamente le persone che sembrino avere i sintomi e di avere avuto il contagio. In questo – e anche nell’evitare il trasferimento delle salme da uno Stato all’altro con il rischio che ci sia comunicazione – c’è tutto lo sforzo del governo, della Chiesa, di sensibilizzare la gente in modo tale da prevenire gli effetti. Per adesso, ripeto, i casi qui in Nigeria sono relativamente pochi.

D. – Si può parlare allora per la Nigeria di epidemia sotto controllo, o è troppo presto?

R. – E’ troppo presto. Quello che conta sono anche gli apparati scientifici che possono permettere un’indagine seria. Io parlavo con un dottore che mi diceva: “Ci mancano adesso i materiali per difendere noi stessi, per agire nel caso di contagio”. E’ da tenere presente anche che il personale chiamato negli ospedali o nei campi di isolamento a fare questo servizio ci va per dovere, però ci sono medici e personale molto generosi e ci sono quelli che all’occasione si tirano indietro.

D. – Da parte della Chiesa, in che modo state cercando di collaborare con le autorità in questo periodo di emergenza?

R. – Quello che ci hanno chiesto – ed è molto importante – è l’informazione, è la collaborazione, perché nelle nostre chiese la gente viene: parliamo la loro lingua, ci ascoltano… L’informazione, la sensibilizzazione: questo, secondo me, è il grosso servizio che la Chiesa aiuta a fare per il bene della gente. 








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