2014-08-21 13:56:00

Ebola: dagli Usa, progressi nella ricerca di una cura


L'ultimo bilancio dell’Oms sull’ebola parla di 1350 morti nei quattro Paesi africani colpiti, precisando che in soli due giorni, il 17 e il 18 agosto, sono stati 106. In un quadro così preoccupante si aprono due spiragli di speranza: le dimissioni del medico missionario americano curato con il siero sperimentale "Zmapp", dimissioni che seguono quelle di un'altra missionaria martedì scorso, e l’ipotesi di utilizzare il plasma di chi è guarito dalla malattia perché contenente anticorpi contro il virus. Per capire in cosa consistano le trasfusioni di sangue e se possano essere un valido aiuto per circoscrivere l’emergenza, Paolo Giacosa ha intervistato Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano:

R. – In pratica si tratta di un’immunoterapia passiva, ovvero chi guarisce mantiene un ricordo si dice “anamnestico”: cioè la stimmata di quanto ha subìto come infezione produce anticorpi specifici. Ed è quanto si faceva anche nel passato con le immunoglobuline iperimmuni, anche contro l’epatite e altre patologie. Quindi, sicuramente, un qualcosa che, se somministrato, può aiutare la risposta immunitaria del paziente. Inoltre, la trasfusione come tale aiuta la qualità del sangue circolante perché uno dei problemi che creano la gravità della malattia è un’alterazione della coagulazione del sangue rispetto ai fattori della coagulazione colpiti e le cellule colpite dalla malattia. Quindi, un aiuto sia in termini di sostegno generale che di aiuto al sistema immunitario.

D. – L’ultimo bollettino dell’Oms registra 1.350 morti, 106 solo tra il 17 e il 18 agosto, nei quattro Paesi principalmente colpiti, perché l’ebola è così contagiosa?

R. – Nei fatti è contagiosa soprattutto in una situazione socio-ambientale, come quella di quelle nazioni che, è importante ribadirlo, sono circoscritte. Oggi si hanno forme di paura nei confronti di un soggetto che arriva dall’Africa, che è un continente: qui si tratta di quattro Stati, un centinaio di città circoscritte. Il problema è che è una malattia che si trasmette per contatto diretto attraverso i fluidi biologici della persona o purtroppo anche del cadavere, che rimane infettivo. Quindi, è una malattia facilmente acquisibile ma anche facilmente controllabile perché non è come per l’influenza, per la quale basta passare in metropolitana e respirare l’aria di chi ha espirato aria con virus, e che è quindi molto meno controllabile. Questa patologia, molto grave per le conseguenze, in realtà, in un contesto ospedaliero strutturato, potrebbe essere contenuta. In questo senso, per eventuali casi importati, che magari ci saranno, anche se è raro - ritengo poco probabile che arrivino in Italia -, al di là della gravità della malattia e dell’assistenza della prognosi per gli ammalati, che rimane pesante, il controllo è fattibile.

D. - Si tratta di un virus debellabile con basilari misure di igiene, che purtroppo sembrano mancare nei paesi più colpiti. La diffusione di guanti e disinfettanti in Africa potrebbe migliorare significativamente la prevenzione?

R. – Quanto ha detto l’Oms in termini di segnalazione di problema grave è soprattutto, non tanto per creare paura nella "signora Maria” nella provincia italiana, ma per far sì che siano prese a livello istituzionale attenzioni e quindi la sorveglianza di casi sospetti, che devono essere ben monitorati, senza eccedere nella paura della persona arrivata dall’Africa per cui un po’ di febbre viene etichettata ingiustamente. E sicuramente l’azione più efficace è sul territorio: materiali per l’igiene, informazione, anche rispetto alle pratiche religiose e ai funerali, che ovviamente se non gestiti in termini adeguati dal punto di vista dell’attenzione ai fluidi biologi del defunto, è triste dirlo, ma diventano un rischio.








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