2014-08-16 12:19:00

Oltre a carità curare promozione umana: così il Papa ai laici coreani


Pane e promozione umana. Per Papa Francesco sono questi i due “poli” dell’attività di un laico cristiano. Lo ha affermato nel discorso che ha chiuso la sua quarta giornata del viaggio apostolico in Corea, pronunciato al cospetto dei leader dell’Apostolato laico coreano, incontrati nel Centro di spiritualità di Kkottongnae, la cittadella della carità che sorge a 90 km da Seoul. La cronaca di Alessandro De Carolis:

Parlare ai laici coreani è rivolgersi a una parte della comunità cattolica che porta con orgoglio la consapevolezza e ama spesso ricordare che se oggi esiste una Chiesa nel Paese è perché ieri in larga parte dei laici l’hanno fondata, promossa e difesa anche perdendo la vita.

Papa Francesco ne è ben cosciente quando inizia il suo discorso davanti alle 150 persone, donne e uomini, che guidano l’Apostolato dei laici in Corea, rete che conta 37 sedi in tutta la nazione e basi in 16 diocesi. Un sistema capillare, erede di una sensibilità evangelica che si traduce – riconosce il Papa – in opere di “esemplare carità”, che non badano alla “cultura e allo stato sociale” di chi ne beneficia. Pur “profondamente grato” per questa testimonianza, Papa Francesco precisa: “Questa attività non si esaurisce con l’assistenza caritativa, ma deve estendersi anche ad un impegno per la crescita umana”:

“Assistere i poveri è cosa buona e necessaria, ma non è sufficiente. Vi incoraggio a moltiplicare i vostri sforzi nell’ambito della promozione umana, cosicché ogni uomo e ogni donna possa conoscere la gioia che deriva dalla dignità di guadagnare il pane quotidiano, sostenendo così le proprie famiglie. Ecco, questa dignità, in questo momento, è minacciata di essere tolta per questa cultura del denaro, che lascia senza lavoro tante persone (…) Lui e lei, che sono senza lavoro, devono sentire nel loro cuore la dignità di portare il pane a casa, di guadagnarsi il pane! Vi affido questo lavoro a voi”.

Il mondo ormai conosce quanto a Papa Francesco stia a cuore la dignità di chi lavora e quanto lo addolori l’attuale scenario di crisi che produce più disoccupazione che possibilità di impiego. E conosce anche la sua preoccupazione per le sorti della famiglia, quella cristiana in particolare, che chiede ai laici coreani di difendere:

“In un’epoca di crisi della vita familiare – lo sappiamo tutti – le nostre comunità cristiane sono chiamate a sostenere le coppie sposate e le famiglie nell’adempiere la loro missione nella vita della Chiesa e della società. La famiglia rimane l’unità basilare della società e la prima scuola nella quale i bambini imparano i valori umani, spirituali e morali che li rendono capaci di essere dei fari di bontà, di integrità e di giustizia nelle nostre comunità”.

Parole di gratitudine, Papa Francesco spende per le “donne cattoliche coreane” e per il “prezioso contributo” che, dice, offrono “alla vita e alla missione della Chiesa in questo Paese, come madri di famiglia, catechiste e insegnanti e in altri svariati modi”. Ma a tutti i laici indistintamente affida il compito di curare con “catechesi permanente” e “direzione spirituale” chi scelga di servire la Chiesa in questa specifica vocazione e di operare in “completa armonia di mente e cuore” con vescovi e sacerdoti:

“Oggi, come sempre, la Chiesa ha bisogno di una testimonianza credibile dei laici alla verità salvifica del Vangelo, al suo potere di purificare e trasformare il cuore umano, e alla sua fecondità nell’edificare la famiglia umana in unità, giustizia e pace (...) Il vostro contributo è essenziale, poiché il futuro della Chiesa in Corea, come in tutta l’Asia, dipenderà in larga parte dallo sviluppo di una visione ecclesiologica fondata su una spiritualità di comunione, di partecipazione e di condivisione dei doni”.








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