2014-08-16 14:07:00

Iraq: nuova strage di yazidi. 80 uccisi e 200 rapiti dai jihadisti


Non si ferma l’orrore nel nord dell’Iraq. I miliziani dell’Isis hanno perpetrato un nuovo massacro contro la minoranza yazida. Almeno 80 le vittime accertate. Intanto, Gli Stati Uniti continuano a bombardare le postazioni dei jihadisti mentre l’Unione europea ha dato il via libera alla fornitura di armi ai peshmerga curdi per fronteggiare l’avanzata del califfato. Anche l’Onu si mobilita con una risoluzione volta ad ostacolare il finanziamento dell’Isis. Il servizio di Marco Guerra:

Un convoglio di uomini armati ieri pomeriggio è entrato nel villaggio di Kocho, 100 chilometri a ovest di Mosul, e ha compiuto l’ennesima strage di yazidi. Secondo dei sopravvissuti sentiti dalle autorità curde arrivate dopo il massacro, almeno 80 uomini sto stati uccisi perché hanno rifiutato di convertirsi all’Islam. Gli ostaggi, più di 200 donne e bambini sono stati trasferiti - stando alle informazioni riportate da fonti locali - nella città di Tal Afar. I bombardamenti dei caccia statunitensi non riescono quindi a fermare l’imperversare delle milizie jihadiste nel nord dell’Iraq. Oggi, nuovi raid sulle postazioni dell’Isis vicino alla diga di Mosul. Una delle più grandi e strategiche del Paese, finita sotto il controllo dei jihadisti. Droni Usa hanno poi distrutto due veicoli corazzati. E a breve arriveranno gli aiuti militari dei Paesi europei ai peshmerga curdi. Ieri, il Consiglio dei ministri degli Esteri dell'Ue ha dato il via libera alla decisione di alcuni Stati membri di consegnare le armi ai curdi iracheni che combattono l'Isis. Già nei giorni scorsi, le singole cancellerie avevano annunciato l’invio di materiale militare di vario genere, mentre oggi è atterrato a Erbil il primo aereo di aiuti umanitari mandati dall’Italia. Anche l’Onu si muove con l’approvazione di una risoluzione che ostacola il reclutamento e il finanziamento dei jihadisti dello Stato islamico. Si allenta invece la tensione politica a Baghdad, dopo la decisione del premier uscente, al Maliki, di dimettersi lasciando al neo eletto al-Abadi la possibilità, entro un mese, di formare il nuovo esecutivo.








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