2014-08-16 07:59:00

Il Papa beatifica a Seoul 124 martiri: mettere Cristo al di sopra di tutto


I martiri ci ricordano che bisogna mettere Cristo al di sopra di tutto e non scendere a compromessi con la fede. E’ uno dei passaggi forti dell’omelia di Papa Francesco nella Messa di beatificazione di Paul Yun Ji-Chung e 123 compagni martiri, avvenuta a Seoul presso la Porta di Gwanghwamun. Alla celebrazione hanno preso parte circa 800 mila persone. Da Seoul, il servizio del nostro inviato Davide Dionisi:

“L’eredità dei martiri può ispirare tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata, contribuendo così alla pace e alla difesa dei valori autenticamente umani in questo Paese e nel mondo intero”.

L’eroico sacrificio di tanti martiri ha reso fecondo e ricco di prospettive future la Corea. Grazie a loro, il Vangelo di Cristo è cresciuto come albero adulto ed i frutti si espandono anche fuori del proprio Paese e del Continente asiatico. A Gwanghwamun, luogo simbolo di Seoul, Papa Francesco ha presieduto la Messa di beatificazione di 124 martiri, davanti ad 800mila fedeli. Durante l’omelia il Pontefice ha ricordato la vittoria e la testimonianza di chi ha pagato con il supremo sacrificio la loro fede in Dio. Paolo Yun Ji-chung e i suoi compagni hanno sigillato la loro missione di precursori con il martirio e da qui è scaturito il seme di nuovi cristiani:

“Il loro esempio ha molto da dire a noi, che viviamo in società dove, accanto ad immense ricchezze, cresce in modo silenzioso la più abbietta povertà; dove raramente viene ascoltato il grido dei poveri; e dove Cristo continua a chiamare, ci chiede di amarlo e servirlo tendendo la mano ai nostri fratelli e sorelle bisognosi”.

L’esempio dei martiri, inoltre, ci insegna l’importanza della carità nella vita di fede e la loro eredità può ispirare tutti gli uomini e le donne di buona volontà ad operare in armonia per una società più giusta, libera e riconciliata. Ispirare soprattutto i laici i primi apostoli nella Corea, coloro che evangelizzarono il Paese. Caso singolare per un'area del mondo che, nonostante i numeri sempre in crescita dei fedeli, non ha conosciuto la parola di Dio da missionari:

Nella misteriosa provvidenza di Dio, la fede cristiana non giunse ai lidi della Corea attraverso missionari; vi entrò attraverso i cuori e le menti della gente coreana stessa. Essa fu stimolata dalla curiosità intellettuale, dalla ricerca della verità religiosa. Attraverso un iniziale incontro con il Vangelo, i primi cristiani coreani aprirono le loro menti a Gesù. Volevano conoscerlo di più, questo Cristo che ha sofferto, è morto ed è risorto dai morti”.

La Chiesa cattolica in Corea è cresciuta sul sangue dei martiri e si è dimostrata un buon esempio per la società coreana promuovendo la giustizia e i diritti umani, ha sottolineato l’arcivescovo di Seoul, card. Andrea Yeum Soo-jung, nel suo indirizzo di saluto al Papa. Il porporato si è detto convinto che questa beatificazione sarà un'occasione per realizzare la concordia e l'unità non solo dei cattolici coreani ma anche del popolo coreano e di tutti gli altri popoli asiatici, attraverso lo scambio della fraternità universale.

Essere martiri vuol dire soprattutto essere testimoni di Gesù. E a proposito di testimonianza, prima della Messa il Santo Padre si è fermato ancora una volta a salutare i familiari delle vittime del traghetto. Il suo abbraccio e la condivisione del dolore, nei giorni scorsi, ha suscitato tanta commozione e i quotidiani locali dedicano ai gesti di affetto e di condivisione del dolore ampi spazi. Anche perché, oltre ai segni e alle parole, il Papa continua ad indossare il piccolo nastro ripiegato ad anello di colore giallo, simbolo di vicinanza e solidarietà nei confronti delle vittime.








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