2014-08-13 14:46:00

Siria, Isis verso Aleppo. Mons Audo: temiamo sia come in Iraq


La drammatica situazione dei cristiani in Iraq spaventa anche la comunità siriana specie ad Aleppo, nella cui provincia i jihadisti dello Stato islamico hanno conquistato almeno cinque centri abitati con violenti scontri, una quarantina i miliziani uccisi. Non c’è tregua dunque su una città, che da febbraio scorso, secondo l’Istituto siriano per la giustizia, è stata colpita da 2.500 barili-bomba sganciati dal regime, con oltre 1.800 vittime. Ma sentiamo speranze e timori della popolazione nella testimonianza di mons. Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo e presidente di Caritas Siria. L’intervista è di Gabriella Ceraso:

R. - Tra Aleppo e Mosul ci sono contatti tra le famiglie, ci sono tradizioni, soprattutto per noi come caldei ma anche per gli altri cristiani. Quando dunque i cristiani qui vedono quello che succede a Mosul e nel nord dell’Iraq dicono che si deve partire velocemente per non essere uccisi.

D. - Quindi, è ancora così: c’è pericolo, c’è paura tra voi della comunità cristiana in particolare…

R. - Sì, moltissimo. Ogni giorno cadono bombe, non si sa né quando né perché, e ogni giorno ci sono vittime. È una cosa terribile. La gente dice: “Siamo pronti a vivere senza acqua e senza luce, ma non possiamo più vivere sotto queste bombe”.

D. - Proprio in questi giorni, per la Solennità dell’Assunta, ci saranno tante iniziative nel mondo, proprio di preghiera per i cristiani. Il Papa sta insistendo tanto sulla loro protezione anche a livello internazionale. Qual è il suo pensiero a riguardo?

R. - Ci aiuta molto quando il Santo Padre interviene e prende iniziative. Ma dall’altra parte, quello che io sento tra la gente è che non ci sono cambiamenti: ogni giorno questi gruppi terroristici che sono armati e hanno denaro attaccano ovunque. Qui, tutti i cristiani dicono che c’è un complotto internazionale per far partire tutti i cristiani della regione, la convinzione è profonda adesso.

D. - Accoglienza di famiglie irachene vi è capitata di farne sul territorio siriano?

R. - Sì. Veramente ho avuto contatti con i vertici del governo che hanno detto di esser pronti ad accogliere famiglie cristiane provenienti dall’Iraq: caldei e siriaci. Ero contento per questa iniziativa, ma nella pratica non vedo come i cristiani dell’Iraq possano venire oggi in Siria con la pericolosa situazione che c’è. Non siamo né organizzati, né capaci di fare un lavoro al livello generale perché siamo noi stessi in pericolo.

D. - Qual è il suo pensiero in questi giorni,di festa religiosa, qual è la sua preghiera?

R. - La nostra preghiera è di fiducia. Io dico alla gente: “Preghiamo, restiamo pazienti e determinati”. È tutto quello che posso dire loro, in un atteggiamento di speranza.

D. - C’è stato un intervento internazionale, l’intervento americano in Iraq. In Siria non è mai accaduto: come lo valuta?

R. - Si dice che in Siria ci sia da tempo un complotto per dividere il Paese e per distruggerlo e forse questo sta accadendo ora.

D. - E questo giustifica il fatto che non ci sia stato un intervento internazionale?

R. - Penso di sì.








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