In Nigeria, forti riserve sono state espresse dai vescovi sulla riforma sanitaria approvata dall’Assemblea nazionale. Gli obiettivi dichiarati del National Health Bill, passato dopo ripetute modifiche, è di creare un sistema sanitario nazionale in grado di garantire una copertura medica minima a tutti, in particolare le categorie più vulnerabili che ne sono escluse. Secondo i vescovi, tuttavia, nelle pieghe della legge si nascondono alcune norme che minacciano il diritto alla vita. In questo senso si è espresso il cardinale John Olorunfemi Onaiyekan, arcivescovo di Abuja, intervenendo nei giorni scorsi a un forum della Caritas Nigeria. Il riferimento è in particolare agli articoli 50, 51 e 52.
A suscitare maggiori perplessità, anche negli ambienti medici del Paese, è l’articolo 51 che riguarda la donazione di embrioni e di altro materiale genetico: secondo i suoi critici la sua formulazione è troppo generica e rischia di aprire la strada al commercio di gameti e alla clonazione umana. Il cardinale Onayekan ha quindi invitato il presidente Goodluck Jonathan a firmare il provvedimento solo dopo gli opportuni emendamenti al testo. L’arcivescovo di Abuja ha inoltre esortato l’Esecutivo e il Parlamento a non farsi condizionare in questo senso dalle pressioni di governi e organizzazioni internazionali.
La riforma della sanità in Nigeria è ormai in discussione da diversi anni. A renderla necessaria le tante criticità dell’attuale sistema sanitario evidenziate dai dati preoccupanti sullo stato di salute della popolazione. Secondo le statistiche dell’Organizzazione mondiale della Sanità, l’aspettativa di vita nel Paese è di appena 54 anni, la mortalità materna è di 608 donne su 100mila nascite, dieci volte più dell’Egitto. Inoltre appena il 3 per cento delle madri sieropositive accedono alle terapie di trattamento anti-retrovirale. (A cura di Lisa Zengarini)
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