2014-08-12 08:14:00

Iraq: sostegno Usa al neo-premier. Ue discute azione coordinata


In Iraq, l’incarico per la formazione di un governo di unità conferito dal presidente Masum allo sciita Haidar al Abadi potrebbe sbloccare lo stallo politico che grava sulle istituzioni di Baghdad dalle elezioni politiche dello scorso aprile. Intanto sul terreno non si fermano i raid statunitensi contro le postazioni dei jihadisti e il dramma umanitario degli sfollati delle minoranze perseguitate nei territori controllati dal califfato. Il servizio di Marco Guerra:

Pieno sostegno degli Usa per la formazione di un nuovo governo di unità nazionale e rafforzamento della cooperazione politica e di sicurezza con l'Iraq. È quanto ha garantito il presidente Obama in un colloquio telefonico con il premier designato iracheno, Haider al-Abadi, il quale gode anche del sostegno dell’Unione Europea che oggi – nell’ambito di una riunione dei ministri degli Esteri - discuterà di un’azione coordinata per l’Iraq e l’eventuale sostegno militare ai peshmerga curdi. Dopo gli iniziali tentennamenti, Europa e Stati Uniti vogliono infatti rispondere con urgenza all’avanzata dell’Isis nel nord del Paese e al conseguente dramma umanitario delle minoranze perseguitate nelle zone controllate dall’auto-proclamato califfato. Gli Usa nel frattempo hanno effettuato nuovi raid sulle postazioni dei miliziani jihadisti e proseguono il lancio di aiuti umanitari alle decine di migliaia di civili yazidi bloccati senza cibo né acqua nell’area del monte Sinjar. Sempre Washington starebbe già fornendo armi alle truppe curde che al momento non sembrano in grado di contenere l’avanzata dell’Isis.

Sulla situazione umanitaria e politica irachena, sentiamo mons. Shlemon Warduni, vescovo ausiliario di Baghdad dei Caldei:

R. – La cooperazione del mondo è molto debole ed è venuta molto tardi! Anche dall’Europa, anche dall’America… Voi dite: “Meglio tardi che mai”, ma la nostra tragedia non è stata presa sul serio sin dall’inizio. Per questo il Patriarca e noi tutti abbiamo visto la noncuranza del mondo all’inizio, per almeno quasi un mese. Per questo siamo arrivati a questo punto. All’inizio, almeno, parlavano con una lingua dolce con i cristiani, ma solo per alcuni giorni… Poi sono però arrivati a cacciarli, a ucciderli se non diventavano musulmani. E questo non solo a Mosul, perché quattro giorni fa hanno “svuotato” tutta la Piana di Ninive: i bambini, gli anziani dormono per la strada… Una cosa tremenda! Quindi, anche l’America è arrivata in ritardo... Noi vediamo che queste persone seminano la paura, una grande paura nel cuore della gente, che lascia tutto e se ne va. Noi vogliamo un'azione pronta, adesso, subito! Quanti bambini sono morti, quante donne sono state calpestate, quanti uomini sono stati uccisi! Perciò, Sua Beatitudine dice, e anche noi che lui, che il mondo deve intervenire molto presto, subito! Non deve vendere le armi a questa gente!

D. – Quindi, nelle zone occupate dall’Isis la situazione è peggiorata rispetto a un mese fa. Ma cosa è cambiato in queste ultime settimane?

R. – Prima dicevano ai cristiani di non andarsene, perché qualcuno all’inizio aveva parlato con loro dicendo così… Poi, hanno cacciato i cristiani dalle loro funzioni pubbliche nel governo, poi hanno scritto sulle case, poi hanno gridato “cristiani fuori!”…. Dopo tutto quello che è accaduto nella Piana di Ninive, e la paura che sono riusciti a seminare nel cuore di tutti, appena la persone sentono che si stanno avvicinando, scappano via subito, corrono via, uno dopo l’altro… Sono migliaia: 150-200 mila persone si trovavano all’aperto... La Chiesa ha cercato di fare qualcosa, di trovare dei posti: ringraziamo Dio che la maggioranza di queste persone hanno potuto avere un tetto. Noi gridiamo a tutto il mondo: “Per favore, fate qualche cosa! Per favore non vendete le armi!”. Le nazioni che aiutano queste persone, bisogna chiamarle e chiedere loro: “Voi siete con il mondo o fuori dal mondo?”. Se sono fuori dal mondo, allora devono essere puniti!

D. – La mancanza di un’unità politica nella capitale si sente? E’ un problema? Con tutte le etnie dell’Iraq unite si potrebbe sconfiggere l’Isis?

R. – Questo è uno dei problemi più grandi. Il governo e tutti gli altri partiti che dovrebbero prendere le cose sul serio discutono solo delle poltrone, invece di dire “andiamo dai curdi e facciamo un blocco unito che mostri la forza dell’Iraq”. Noi non vogliamo la guerra! Noi non vogliamo uccidere gli altri, ma vogliamo i nostri diritti, vogliamo la pace! Vogliamo la sicurezza per i nostri bambini e le nostre donne, per le ragazze che vengono maltrattate. Queste divisioni sono una grande lacuna nella storia dell’Iraq. Se il governo si unisse con i curdi, con un cuore solo, certamente le cose sarebbero di altro tipo. Però anche gli americani, anche l’Europa devono intervenire! Anche se i curdi non sono con il governo…








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