2014-08-08 13:28:00

Gaza: tregua finita, ripresi raid e razzi. Aperto valico di Rafah


In Medio Oriente è scaduta la tregua umanitaria di 72 ore. Subito dopo, sono ripresi il lancio di razzi dalla Striscia di Gaza ed i raid israeliani. Un bambino palestinese è morto. Le autorità egiziane, intanto, hanno eccezionalmente e provvisoriamente riaperto il valico di Rafah per consentire di soccorrere i palestinesi feriti. Amedeo Lomonaco ha intervistato Giorgio Bernardelli, giornalista della redazione della rivista Mondo e Missione del Pime, esperto di Medio Oriente:

R. - Il problema è che le tregue umanitarie non sono la soluzione di un conflitto; sono uno stop imposto per un lasso di tempo per lasciare spazio alla politica. Solo che, se quest’ultima è timida e non ha la forza di intervenire in queste finestre che si aprono, poi le guerre ricominciano. È il problema di un conflitto in cui, alla fine, entrambe le parti cercano un risultato politico che può venire solo da una mediazione internazionale forte, cosa che in queste ore non si è vista.

D. - Sembra fallire anche la proposta egiziana …

R. - Il problema che, secondo me, non si continua a non cogliere fino in fondo, è che questa  volta l’Egitto è una parte in causa. Che una mediazione egiziana riesca da sola a risolvere la questione è davvero un’illusione, perché i palestinesi vogliono assolutamente l’apertura del valico di Rafah, vogliono che questa guerra segni la fine dell’isolamento internazionale. Ma questo è ciò che l’Egitto non vuole, perché l’Egitto del generale Al Sisi ha chiuso ermeticamente quella frontiera.

D. - Cosa occorrerebbe? Quali dovrebbero essere le mosse da parte della Comunità internazionale?

R. - Credo che l’unica soluzione credibile sia qualcosa di molto simile a quello che è stato fatto nel 2006 in Libano. Ormai, appare in maniera evidente che la questione cruciale è la gestione del valico di Rafah e l’apertura di questo valico per l’uscita e l’entrata delle persone e delle merci da Gaza. Questo è un punto delicatissimo che si può raggiungere solo se c’è la presenza di forze internazionali in grado di dare garanzie a tutti. Credo che l’unica strada possibile sia quella, perché ogni altra situazione rischia solo di prolungare ulteriormente questo conflitto.

D. - In Iraq i cristiani scappano, a Gaza i palestinesi sono come in una trappola, non possono fuggire. Situazioni diverse, ma probabilmente sono il sintomo di un malessere generale che sta colpendo un’intera regione …

R. - Sono i contraccolpi di questa regione che ormai da tre anni, con la stagione delle Primavere arabe, si è messa in movimento e fatica a trovare degli equilibri. Ci sono degli attori regionali che hanno approfittato di questa situazione per fare la propria politica di potenza all’interno del Medio Oriente. Questo ha purtroppo conseguenze molto pesanti. Ci sono guerre che si consumano sulla pelle delle popolazioni civili più deboli. Quello che sta succedendo in Iraq, ad esempio, è assolutamente emblematico di tutto questo: è una situazione in cui c’è uno stallo, dove non si riesce neanche a trovare un accordo per nominare un primo ministro proprio per questa questione dei veti incrociati. Intanto nel nord del Paese, continua a succedere tutto quello che sappiamo.








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