2014-08-04 12:31:00

Arcivescovo di Bangui: c'è rischio che Centrafrica diventi un Ruanda


La situazione nella Repubblica Centrafricana “è precaria. Bangui sta vivendo un momento di tregua e gli spari sono quasi cessati. Ci sono ancora banditi che rubano. Le forze dell’Eufor (Unione europea) hanno svolto un lavoro apprezzato dalla popolazione. La vita sta riprendendo con le attività e il traffico per strada. L’interno del Paese è in mano a gruppi armati che a volte controllano un’intera città”. Così mons. Dieudonné Nzapalainga, arcivescovo di Bangui e presidente della Conferenza episcopale centrafricana, in un’intervista al Sir presenta la situazione del Paese.

Nei giorni scorsi, secondo una fonte dell’Ansa, almeno 22 persone, soprattutto civili, sono rimaste uccise in violenti scontri tra milizia anti balaka ed ex ribelli Seleka a Batangafo (300 chilometri a nord di Bangui). Il presule mette in guardia dal pericolo che la situazione degeneri ulteriormente: “Il rischio che il Centrafrica diventi un Ruanda - afferma - è reale e stiamo cercando di farne prendere coscienza ai belligeranti per evitare questa tragedia alla nostra gente. Ci sediamo seduti sulle braci e alcune persone, con interessi, giocano ad alimentare il fuoco. Se qualcuno assume delle posizioni estremiste, possiamo facilmente sprofondare nella barbarie”.

In questo periodo di violenze “la Chiesa - riprende mons. Nzapalainga - è rimasta madre e ha accolto gli sfollati. Tre quarti dei siti di accoglienza sono luoghi di Chiesa: conventi, canoniche, parrocchie, seminari. La Chiesa ha protetto, nutrito, difeso i poveri. Attualmente sensibilizziamo i cristiani alla non-violenza, al perdono, alla tolleranza, alla riconciliazione e, soprattutto, al rispetto della vita”. “Noi predichiamo il disarmo delle menti e dei cuori per un nuovo Centrafrica dove poter vivere insieme nella diversità”, precisa, ricordando che “il nemico ha nomi precisi: orgoglio, odio, vendetta, rancore, violenza”, mentre “la Chiesa invita i suoi figli alla conversione”.

Sulla condizione dei rifugiati ospitati in parrocchie e strutture religiose, il vescovo non nasconde le difficoltà. “I rifugiati fanno fatica a procurarsi il cibo per il proprio sostentamento e mancano del necessario. La Caritas non ha i mezzi per sostenere questi gruppi a causa del suo budget limitato. Le persone hanno necessità di assistenza per ricostruire le loro case, avere un pasto quotidiano, abbigliamento, farmaci per curarsi”. L’appello, infine, è a “deporre le armi e sedersi, discutere e cercare delle soluzioni insieme. La rabbia e la violenza hanno distrutto il nostro Paese, le nostre relazioni. È nostra responsabilità ricostruire nuove relazioni e le città”.








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