2014-07-29 13:57:00

Quirico: io sconto il tempo della prigionia di p. Dall'Oglio


Preghiere e messe in diverse città del mondo a un anno dal rapimento in Siria di padre Paolo Dall’Oglio. Il 29 luglio dello scorso anno, il gesuita islamologo veniva sequestrato a Raqqa sotto il controllo dalle milizie islamiste dello Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, gruppo legato ad al-Qaeda. Da allora, non si è saputo più nulla del religioso. Molte le ipotesi che si sono susseguite, nessuna finora rivelatasi fondata. A oggi, oltre a padre Dall’Oglio, risultano scomparsi altri quattro religiosi: due vescovi ortodossi e due sacerdoti, un cattolico e un ortodosso, oltre a migliaia di civili. Ieri, la famiglia di padre Dall’Oglio ha lanciato un appello ai responsabili affinché rivelino la sorte del loro congiunto, mentre il nunzio mons. Zenari ai nostri microfoni invocava la pietà e invitava a non perdere la speranza. Quando padre Dall’Oglio veniva sequestrato, il giornalista del quotidiano “La Stampa”,  Domenico Quirico, era già stato rapito. Quirico, sempre in Siria, rimase nelle mani dei suoi sequestratori per cinque mesi, dal 9 aprile 2013 all’ 8 settembre. Ascoltiamolo al microfono di Francesca Sabatinelli:

R. – E’ il terribile discorso del tempo! Io sono stato prigioniero 5 mesi e adesso, come dire, faccio il tremendo paragone tra il mio tempo, che pure per me è stato lunghissimo, e quello di padre Dall’Oglio, già un anno. Una delle conseguenze più terribili della mia vicenda è che ogniqualvolta che ripenso e mi vengono agli occhi o alla mente vicende come la mia, il tempo degli altri ridiventa tempo mio, la loro prigionia. E’ come se io scontassi su di me anche il tempo che loro sono costretti ancora a passare in quella condizione terribile di sequestro, di prigione, di separazione dagli altri, dal mondo, dagli affetti, dalla vita, da tutto! Questo è essere ostaggi: essere privati sostanzialmente di tutto ciò che la vita è e vale per essere vissuta. Questa è la terribile riflessione che mi viene ripensando alla vicenda di padre Dall’Oglio, alla vicenda di tanti altri che sono prigionieri: l’essere incatenati è un tempo vuoto! Questo è il vero dramma del sequestrato.

D. – Ricordavi che ci sono tante altre persone rapite, ci sono religiosi, insieme a tanti altri civili. Parlando di padre Dall’Oglio – ma lo possiamo estendere a tutte le persone che sono nelle mani dei sequestratori – mons. Zenari diceva che bisogna avere sempre la speranza, che non bisogna perderla mai...

R. – Questo è ciò che mi ha tenuto in vita per i cinque mesi in cui sono stato prigioniero. Gli esseri umani hanno una straordinaria forza di resistenza. Il destino ti gironzola attorno con un martello e picchia sul vaso della nostra esistenza per scoprire il punto debole. Eppure, anche in frantumi, ogni uomo in ogni frammento conserva la sua vitalità. Si ricostruisce, prosegue, ha coraggio. E poi la mia fede confrontata a quello di padre Dall’Oglio è niente e chi ha fede – come dico sempre – non è mai solo. Io sono certo che accanto a padre Dall’Oglio c’è una presenza immanente, perfetta, costante, che lo sorregge, che gli fa scavalcare i giorni, i mesi che sono passati e spero quel poco che gli resterà ancora per tornare libero, per tornare libero!

D. – Questa straordinaria resistenza degli esseri umani di cui parli, questa capacità di conservare la propria vitalità anche in situazioni drammatiche, tutto questo vorrei proiettarlo in Siria, un conflitto che in questo momento ha perso di luce. Quanto i siriani dovranno, anche loro, tirare fuori questa straordinaria resistenza di cui parlavi tu?

R. – E’ da quattro anni che si arrampicano, si legano a questa straordinaria resistenza per continuare a resistere, cristiani e non cristiani. La Siria ha perso un po’ di luce, perché noi non sappiamo vedere. In realtà, gli eventi che stanno maturando in quella parte del mondo – mi riferisco alla creazione del “Califfato” nella zona a cavallo tra la Siria e a tutto quello che in Iraq è accaduto in questi mesi e sta accadendo – non sono altro che la proiezione, l’allargamento di un seme terribile che in Siria è nato nella nostra indifferenza e nella nostra incapacità di capire. E’ un evento, il nascere di uno Stato territoriale, legato ad un fanatismo religioso, a una interpretazione fanatica e totalitaria della fede. E’ un evento di cui non possiamo, credo, intravedere l’onda d’urto che avrà non nella storia di quella parte del mondo, ma nella storia del mondo. E tutto questo non è nato in Iraq, come qualcuno ha scritto stupidamente: è nato in Siria! E’ il germinare del veleno siriano. Sono le conseguenze di tutto ciò che in Siria si è sviluppato in questi ultimi quattro anni. E’ il nostro non voler vedere e di cui la vicenda di padre Dall’Oglio è un aspetto drammatico. A poco a poco, questa tragedia ha avuto un processo di lievitazione. Da guerra interna tra i fautori di Bashar e i suoi nemici è diventata un’altra cosa: lievita, lievita, lievita e crescerà fino a soffocare i nostri ostinati e assurdi tentativi di non vedere, di voltarci dall’altra parte, di non capire.








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