2014-07-26 12:59:00

Il Papa al patriarca Sako: "i cristiani iracheni non perdano la speranza"


Ancora violenza in Iraq, dove nelle ultime ore sono stati uccisi 25 jihadisti in raid aerei governativi a sud di Tikrit.  Ieri i miliziani dello Stato Islamico hanno distrutto la moschea di Giona ed altri due luoghi sacri a Mosul. Fonti locali parlano anche della distruzione del mausoleo di san Giorgio, patrono della città, che sarebbe stato fatto saltare in aria nella tarda serata di ieri. Sempre ieri Papa Francesco ha telefonato al patriarca dei Caldei, Louis Raphael Sako, per testimoniare la sua vicinanza e partecipazione per la sorte dei cristiani iracheni, cacciati dalle loro case dagli islamisti. Un intervento di sostegno a tutta la comunità, come spiega lo stesso patriarca Sako, al microfono di Michele Raviart:

R. – Siamo molto grati e colpiti della sua solidarietà, simpatia e preghiera. Ha detto che è molto vicino ai cristiani e prega per tutto l’Iraq. Quando gli ho detto che i cristiani sono forti nella fede e nella speranza, ha detto: “Bene! Bene! Non perdete la speranza!”. E’ veramente un supporto paterno per noi; è una vicinanza molto importante, che ci dà la forza, la fiducia di perseverare e sperare in una situazione migliore in Iraq.

D. – Intanto lo Stato islamico colpisce anche le altre minoranze. Ieri è stata rasa al suolo la Moschea di Giona, che era cara non sono ai musulmani ma anche ai cristiani e sono state distrutte diverse moschee sciite...

R. – Questi gruppi hanno un’ideologia molto forte. Rappresentano, dunque, un pericolo non solo per i cristiani, ma anche per i musulmani e per il mondo intero. Loro hanno cominciato col distruggere la grande Moschea storica di Giona, dove si dice – secondo la tradizione – che ci sia la tomba del profeta. La moschea era stata costruita sulle rovine di una chiesa caldea. Purtroppo è stata totalmente distrutta, come anche altre moschee, e minacciano pure le nostre chiese. Questi jihadisti – Isis e altri - sono un pericolo per il mondo intero.

D. – Che spazio c’è a questo punto per il dialogo?

R. – I cristiani devono essere uniti, come anche i musulmani, i sunniti e gli sciiti. Devono prendere una posizione molto chiara per un discorso religioso aperto, equilibrato, altrimenti perderanno. Il cristianesimo orientale deve continuare a vivere. Noi, nei nostri istituti, formiamo una generazione aperta a cristiani e musulmani. Tutti i cittadini devono, non solo sopravvivere, ma vivere in libertà e dignità, e questa è la responsabilità del mondo intero, cristiani e musulmani.

D. – Di che cosa hanno bisogno adesso le famiglie cristiane cacciate dalle loro case?

R. – Le famiglie hanno bisogno di aiuto. Noi come Chiesa abbiamo dato tanto, veramente. Il Pontificio Consiglio “Cor Unum” ha mandato 40 mila dollari e domenica andrò nel Nord per portare un aiuto del Patriarcato a tutti. C’è una piccola speranza, ma le mura fra i gruppi etnici e confessionali sono davvero alte.








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