2014-07-25 14:49:00

Gaza, si lavora a tregua. La Caritas: situazione umanitaria tragica


Si continua a lavorare per una tregua a Gaza, dove la popolazione palestinese è ormai allo stremo dopo 18 giorni di guerra. Il segretario generale dell’Onu, Ban Ki-moon, ha lanciato un accorato appello per una “pausa umanitaria”. Stamani Ban ha incontrato al Cairo il segretario di Stato Usa, John Kerry, e il ministro degli Esteri egiziano, Sameh Choukri.

Gli Usa hanno proposto una bozza di accordo che attende la risposta da entrambe le parti: una settimana di stop ai combattimenti, che comincerebbe nel fine-settimana, durante la quale si lavorerebbe a una tregua più duratura e comprensiva. Durante la tregua temporanea, l'esercito israeliano rimarrebbe all'interno della Striscia di Gaza, per continuare a localizzare e distruggere i tunnel. E durante il cessate-il-fuoco, Israele e Hamas dovrebbero sedersi a un tavolo negoziale per definire un'ipotesi di intesa più ampia. Il leader di hamas, Khaled Meshaal, ha detto che vuole la tregua ma che deve essere accompagnata dalla fine del blocco a Gaza. Finora sono oltre 800 i palestinesi che hanno perso la vita, quasi tutti civili. 34 le vittime israeliane. Intanto la situazione è diventata molto tesa anche in Cisgiordania. Almeno tre palestinesi sono rimasti uccisi e 200 feriti in scontri in varie città. Sulla situazione umanitaria, ascoltiamo padre Raed Abusahlia, direttore della Caritas di Gerusalemme, al microfono di Marina Tomarro:

R. – Certamente, Hamas lancia razzi su Israele, ma siamo di fronte all'esercito più forte della regione, il quarto nel mondo, che attacca tutta la Striscia di Gaza, e soprattutto i civili. A causa di questa aggressione, oggi ci sono almeno 150 mila persone che hanno abbandonato le loro case e non sanno dove andare. La maggioranza di loro vive nelle scuole, ma le scuole non sono attrezzate per proteggere i civili: non c’è niente. Noi della Caritas ci siamo occupati di due scuole, provvediamo al loro cibo, all’acqua, al latte per i bambini e al gasolio per il generatore elettrico. Ci stiamo ingegnando quanto possiamo in questi giorni, sperando che la guerra finisca il più presto possibile …

D. – Riescono ad arrivare alcuni aiuti umanitari da fuori o al momento è tutto bloccato?

R. – No, è tutto completamente bloccato! L’Onu cerca di fare entrare un po’ di cibo dalla parte israeliana, ma dalla parte egiziana il passaggio di Rafah è bloccato. In questi 18 giorni, l’hanno aperto per alcune ore per evacuare alcuni feriti verso l’Egitto e la Giordania e per far uscire gli stranieri che abitavano o lavoravano a Gaza. Dunque, anche questa è una situazione drammatica. In più, questi bombardamenti hanno distrutto molto: si parla di almeno 2.000 case interamente distrutte! Dunque, le persone che hanno lasciato le loro case non sanno se - quando alla fine della guerra torneranno - ritroveranno le loro case. Questo non è accettabile e per questo non si può tacere, il mondo deve intervenire e porre fine a questa situazione di guerra.








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