2014-07-22 15:49:00

Oim: aprire canali umanitari per chi cerca protezione in Europa


Con l'accusa di omicidio plurimo aggravato, la Squadra mobile di Messina ha arrestato cinque extracomunitari ritenuti responsabili della morte di decine di profughi che viaggiavano sul barcone intercettato sabato scorso a sud di Lampedusa e nella cui stiva sono stati trovati 29 cadaveri. I sopravvissuti raccontano che alcuni dei fermati avrebbero accoltellato e gettato in mare diversi migranti e non avrebbero permesso a uomini e donne che erano nella stiva di uscire sul ponte. Di fronte alle ricorrenti tragedie del mare, appare dunque sempre più urgente trovare soluzioni di prevenzione. Un’ipotesi è quella di realizzare centri di raccolta nei Paesi di provenienza degli immigrati stessi, nei quali prendersi carico delle persone e della loro richiesta di accoglienza in Europa. Adriana Masotti ne ha parlato con Flavio Di Giacomo, portavoce per l’Italia dell’Oim, l'Organizzazione internazionale per le migrazioni:

 

D. - Più che nei Paesi di origine dei migranti, direi nei Paesi di primo asilo e di transito, perché i flussi dei migranti che abbiamo registrato quest’anno sono composti soprattutto da persone che fuggono dai loro Paesi perché ci sono guerre, o persecuzioni. Quindi, questo tipo di supporto sicuramente si può dare nei Paesi di transito - dove passano i migranti che poi cercano di arrivare via mare in Italia - sicuramente attraverso i centri per migranti o altre soluzioni che la comunità internazionale può trovare. La cosa importante è creare canali umanitari e procedure di entrata legale in Europa per tutti coloro che hanno diritto ad accedere in Europa, a una qualche forma di protezione, e sono molte le persone che hanno questo diritto. Bisogna offrire loro alternative al prendere il mare e a rischiare la vita nel Mediterraneo.

D. - Le faccio un’obiezione da parte di chi si sente “invaso”: tutta questa azione non potrebbe favorire ancora di più gli arrivi degli immigrati?

R. - Innanzitutto, stiamo parlando di persone che hanno diritto ad accedere alla protezione internazionale, quindi sono persone che l’Europa ha il dovere di accogliere e proteggere secondo quelli che sono i dettami internazionali. Poi, bisogna anche fare una verifica quando parliamo di invasione. Cosa vuol dire? In Italia quest’anno sono arrivate 80 mila persone: è una cifra sicuramente rilevante ma è anche vero che se facciamo un paragone con quanto accade in Paesi come la Germania, dove ci sono state 126 mila richieste d’asilo. Oppure, se guardiamo al di fuori dell’Europa, come in Libano dove a fronte di un Paese con quattro milioni di abitanti abbiamo un milione di rifugiati siriani… Ottantamila persone in un Paese come l’Italia di 60 milioni di abitanti è sicuramente una cifra in fin dei conti residuale. Stiamo parlando di un flusso molto importante che però non rappresenta in nessun modo, in termini numerici, un’invasione. Quindi, quello che è veramente importante è dare la possibilità a queste persone di arrivare con sicurezza nel nostro Paese e in Europa e di non morire in alto mare. È un’emergenza umanitaria. Le persone stanno morendo.

D. - Si parla da tempo di questo fenomeno dell’immigrazione e si è fatto poco. A chi vi rivolgete voi?

R. - E’ un problema che deve essere affrontato sia dagli stati membri dell’Unione Europea, perché è un’emergenza che riguarda il Mediterraneo, ma allo stesso tempo è un’emergenza che deve essere condivisa e discussa anche con i Paesi di transito. Quindi, bisogna che tutti questi attori coinvolti nella questione si parlino e riescano a trovare una soluzione condivisa che possa portare poi allo stabilimento di questi canali umanitari.

D. - C’è chi vorrebbe una sorta di “sbarramento” nel mare per non far arrivare questi rifugiati, o potenziali rifugiati in Europa. Cosa dire di questo?

R. - Questo è qualcosa di assolutamente non “procedibile” e sicuramente anche contrario a quello che è il principio di "non-refoulement", il quale prevede che le persone che hanno bisogno di protezione non possono essere mandate indietro in Paesi in cui la loro incolumità può essere messa a rischio. È il caso della Libia: sappiamo che la Libia è un Paese estremamente pericoloso ed è il motivo per cui questi flussi sono aumentati, perché le situazioni di sicurezza in Libia sono completamente venute a mancare e i migranti ci raccontano che in Libia temevano per la loro vita. Quindi, non è assolutamente possibile, per il rispetto dei diritti umani, mandare indietro persone che sono in stato di necessità. Questa è una cosa che l’Europa non può fare e l’Italia non può fare e che chiaramente non farà.








All the contents on this site are copyrighted ©.