2014-07-21 14:17:00

Gaza. La strage continua: colpito ospedale. Il nunzio: fermare violenza


Si riunirà mercoledì il Consiglio Onu per i diritti umani per discutere della situazione sempre più grave a Gaza, mentre al Cairo le parti in conflitto si confrontano, con la mediazione egiziana, per trovare un accordo sul cessate il fuoco, ma le posizioni restano lontane. Presenti anche le delegazioni statunitensi e dell’Onu. E mentre le vittime aumentano, intervengono pubblicamente il presidente Usa Obama e il leader di Hamas a Gaza Ismail Haniyeh. Il servizio di Gabriella Ceraso:

La priorità è ottenere un immediato cessate il fuoco per fermare 14 giorni di violenze e salvare civili innocenti sia a Gaza che in Israele. Lo ripetono le cancellerie internazionali, il ministero degli Esteri russo, l’Onu che aggiunge anche la necessità della ricostruzione e lo dice dalla Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti che ha inviato il segretario di Stato Kerry al Cairo per fare il possibile. A breve l'incontro con il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon. “Israele” afferma Obama “ha il diritto di difendersi, ma ha gia' inferto danni significativi alle infrastrutture terroristiche a Gaza'' è ora di finire le ostilità. Non sarà facile sottolinea, e così è. Nessuno cede. L'ufficio politico di Hamas, rifiuta il pressing dell’anp sulla proposta egiziana e rilancia attraverso il leader nella Striscia, Ismail Haniyeh le proprie condizioni tra cui la fine del blocco: “la resistenza armata”, dice Haniyeh, “soddisfera' le aspirazioni del nostro popolo”. Ma anche Israele continua l’avanzata da terra e i bombardamenti - oltre 150 i terroristi uccisi, fa sapere - : il risultato sono oltre 500 morti sul fronte palestinese e una trentina da parte israeliana. Interi quartieri rasi al suolo a Gaza, dove l’accesso per gli aiuti è difficile; colpiti luoghi pubblici, come l’ospedale di Deir al-Balah - con 5 morti e decine di feriti- dove sarebbero nascosti tunnel e depositi di armi di Hamas, secondo Israele, che, dal canto suo, oggi ha ucciso 10miliiziani che tentavano di infiltrarsi lungo i valichi e ha respinto 4 razzi diretti a Tel Aviv

Nel pieno delle violenze, ieri ha avuto vasta eco l’appello alla pace e al dialogo lanciato dal Papa all’Angelus. Parole commentate ai nostri microfoni dal nunzio in Israele e delegato apostolico in Gerusalemme e Palestina, mons. Giuseppe Lazzarotto:

R. - Le parole del Santo Padre hanno avuto una grande eco qui e sono state riprese da tutti i mezzi di comunicazione ufficiali, sia la carta stampata come anche le radio e le varie emittenti. Tutti hanno rilanciato l’appello del Santo Padre. E’ quello che qui tutti ci auguriamo perché la situazione sta diventando veramente tragica: c’è una perdita di vite umane che non è accettabile, bisogna metter fine alla violenza perché così si creano altre situazioni di conflitto, si aprono nuove ferite che produrranno ancora morte. È urgente che quei responsabili capiscano che non c’è altra strada che quella del dialogo e del negoziato; le parti in causa devono essere aiutate e devono essere portate ad un tavolo di negoziato.

D. - La preghiera in Vaticano con Peres e Abbas e i vari appelli: il Papa sta ponendo la massima attenzione sulla situazione in Medio Oriente…

R. - La preghiera in Vaticano, il gesto del Santo Padre di invitare i due presidenti e la sua telefonata proprio a loro di qualche giorno fa, vanno tutte verso la stessa direzione che è quella di seminare. Quella che il Santo Padre ha fatto è una semina. Adesso, bisogna circondare questo seme di attenzioni, farlo crescere e far riprodurre i frutti che dovrebbe dare; capire il senso del gesto del Papa e tradurlo in azioni concrete come il Santo Padre sta chiedendo continuamente. Ci vogliono gesti concreti e coraggiosi, il Papa l’ha sottolineato tante volte: la pace ha bisogno di gesti coraggiosi. È ora che i responsabili politici di tutte le parti lo capiscano e si muovano in questa direzione.

D. - Come stanno vivendo israeliani e palestinesi… Qual è la sensazione, dopo molti giorni di escalation militare?

R. - Le persone sono stanche perché è una situazione che dura da troppo tempo. Questi fenomeni ricorrenti di conflitto creano naturalmente altra frustrazione, ma la maggior parte delle persone vuole la pace.

D. - La Chiesa di Terra Santa può giocare un ruolo decisivo per riavvicinare le parti?

R. - La Chiesa in Terra Santa fa tutto quello che è possibile fare: ci si muove con i mezzi che abbiamo a disposizione; adesso, si sta pensando anche a qualche iniziativa della Caritas per portare un aiuto immediato a queste popolazioni che sono direttamente colpite; si sta pensando a gesti concreti. Io vorrei cogliere qui l’occasione per accennare anche al fatto che molti pellegrini hanno cancellato il loro viaggio, il loro pellegrinaggio: però dico che venire in Terra Santa è anche un bel gesto di solidarietà. Aiuta sapere che altri cristiani - nonostante tutto - vengono qui.








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