2014-07-20 10:00:00

Haiti: pericolo epidemie e tifoni a quattro anni dal sisma


Nel 2010 Haiti fu sconvolta dal terribile terremoto che causò oltre 200 mila morti e coinvolse quasi tre milioni di persone. Ma nella zona, l'epidemia di colera - comparsa a seguito del sisma - non è mai finita: finora ha ucciso infatti più di 8.500 persone e contagiato oltre 700 mila. Una situazione che ha spinto il
segretario dell'Onu, Ban Ki-moon, in visita nei giorni scorsi sull'isola, a impegnarsi a cercare di raccogliere 2,2 miliardi di dollari in aiuti monetari per combattere la diffusione della malattia. Della situazione nel Paese, Michele Raviart ha parlato con Maria Vittoria Rava, presidente della Fondazione Francesca Rava, che si occupa in prima linea degli aiuti ad Haiti e gestisce tre ospedali e una trentina di scuole:

R. - Haiti è rimasto un Paese del quarto mondo, quello che purtroppo era anche prima del terremoto. Nonostante gli aiuti e i soccorsi, i problemi sono ancora gli stessi e molto gravi. Affliggono la maggior parte della popolazione - otto milioni e mezzo di abitanti, l’80 per cento dei quali vive sotto la soglia della povertà - e sono la fame e la sete. Quello che magari in gergo più educato si chiama malnutrizione è in realtà la mancanza di elementi di base per moltissimi bambini e famiglie e la mancanza di acqua potabile, che non è distribuita.

D. - Quali sono oggi i rischi umanitari più grandi per la popolazione?

R. - In questi giorni la popolazione è colpita da una nuova epidemia che si chiama Chikungunya. Si riferisce ad una zanzara che porta una febbre reumatica fortissima. Se si viene curati in un ospedale dopo una settimana passa, ma se colpisce un bambino che vive in situazioni già di disagio grave purtroppo può portare alla morte. Questa poi è anche la stagione dei tifoni che colpiscono le baracche, strappano gli alberi...

D. - Rispetto a quelli che erano i programmi per la ricostruzione di Haiti, a che punto siamo?

R. - Ricostruzione vera e propria non c’è stata. Haiti è un Paese grande poco più della Lombardia con otto milioni e mezzo di abitanti. Se veramente tutte le risorse fossero arrivate, facendo un calcolo matematico, ogni haitiano avrebbe potuto vedere la propria casa ricostruita, avere un lavoro ed una piccola somma per avviare un’attività di microcredito per mandare i propri bambini a scuola. Questo non è avvenuto, per i mille meccanismi che purtroppo fanno arenare i soldi e gli aiuti. Diciamo che però c’è stato un impulso e qualche cosa è stato fatto, qualche strada è stata ricostruita. Il nuovo presidente Michel Martelly sta cercando di aprire il Paese al turismo, anche se non è facile perché è un Paese ancora molto pericoloso e molto difficile da girare: non c’è una rete ferroviaria, non ci sono strade.

D. - Ma gli haitiani come cercano di superare queste grandi difficoltà?

R. - Si capisce comunque che si può fare la differenza. Gli haitiani non hanno mai perso la speranza, hanno una voglia incredibile di lavorare, di riscattarsi. Come Fondazione Francesca Rava abbiamo appena ricevuto quattro ragazzi ai quali abbiamo dato posizioni di leadership nei nostri progetti ad Haiti, proprio per dare loro la possibilità di riscattarsi, di spezzare definitivamente il circolo di povertà del Paese.








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