2014-07-19 14:53:00

22.mo strage via D’Amelio. Don Stabile: la memoria non sia rituale


“Alla speranza di una generale evoluzione nei comportamenti individuali e collettivi che conduca alla sconfitta della mafia deve accompagnarsi l’auspicio che i processi ancora in corso possano fare piena luce su quei tragici eventi”. Così scrive il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, in un messaggio inviato al figlio di Paolo Borsellino, Manfredi, nel 22.mo anniversario della strage di via D’Amelio in cui, insieme al magistrato, persero la vita cinque agenti di scorta. Una commemorazione senza “le persone che hanno perso il diritto di ricordare Paolo”, ha spiegato la sorella del giudice assassinato, Rita Borsellino, che, insieme al fratello Salvatore, chiede verità sulla strage. Il servizio di Alessandra Zaffiro:

“Non vogliamo una sfilata di avvoltoi e personaggi politici che non hanno il diritto di parlare di Paolo e di quella strage, o di portare corone di fiori in via D’Amelio” – aveva chiarito subito alla presentazione delle iniziative, il fratello del magistrato, Salvatore Borsellino, cui oggi fa eco la sorella Rita, secondo la quale la verità sull’eccidio “è stata occultata per costruirne un’altra”. “Sulla strage c’è stata una congiura del silenzio durata vent’anni – ha dichiarato il fratello del magistrato ucciso -  Nella ricerca della verità ci sono stati dei passi avanti, nonostante sia mancato quel necessario appoggio da parte delle istituzioni che era invece meritato. Sono convinto che la strage di via D’Amelio sia stata una strage di mafia dove sono intervenuti pezzi deviati dello Stato”. Anche quest’anno in via D’Amelio sono stati gli studenti, con i loro ideali e i loro striscioni colorati, a ricordare Paolo Borsellino e gli agenti di scorta Emanuela Loi, Walter Cosina, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli e Claudio Traina. Nel pomeriggio gli interventi dei familiari delle vittime delle stragi e alle 16.58, ora dell’attentato, un minuto di silenzio. “Dal processo Borsellino quater – sostiene ancora il fratello del magistrato - mi aspetto di sapere la verità  sui depistaggi avallati anche dalla magistratura, ma il nucleo della verità  sui mandanti lo attendo dal processo sulla trattativa Stato - mafia, causa della accelerazione della messa in atto della strage”. Nel capoluogo siciliano il capo della polizia, Alessandro Pansa, ha ricordato gli agenti che hanno perso la vita con il giudice Borsellino, deponendo un corona di fiori presso il Reparto Scorte della Questura.

 

Sul significato di questa giornata, si sofferma al microfono di Amedeo Lomonaco il parroco della chiesa di San Giovanni Bosco a Bagheria, don Francesco Michele Stabile:

R. – E’ una memoria forte, quella che noi facciamo per Borsellino e per tutti quelli che hanno dato la vita. C’è un senso profondo che noi cogliamo: si può dare la vita. E quindi io credo che sia un messaggio cristiano che però ha un valore civile, perché viene capito da tutti. Dobbiamo consegnare alle nuove generazioni questo nostro impegno, un impegno del presente. Non è rituale, ricordare questi morti …

D. – Questi morti, questi testimoni continuano a dare, ancora oggi, un messaggio di vita contrario, invece, al messaggio di morte dato da alcuni vivi, dai mafiosi. Contro questa logica del male, della mafia, si è scagliato il Santo Padre. Le parole del Papa aiutano ad avere maggiore fermezza, nella società, tra i sacerdoti, il clero…

R. – Non c’è dubbio. Ma bisogna passare dalla condanna della morte ad una costruzione di vita. Io credo che le parole del Papa debbano essere costruttive nel senso di una pastorale che deve concretizzarsi. Finora, noi abbiamo detto che la mafia, la ‘ndrangheta sono anti-evangeliche. E va benissimo. Ora dobbiamo dire: ma dove dobbiamo noi impegnarci come Chiesa? Il fatto che è accaduto, delle devozioni popolari o di queste tradizioni – processioni, congregazioni – è impegnativo. E impegnativo per i vescovi, per il clero, per i preti ma non tutti i preti prendono coscienza. Quindi, ci sono problemi che ora, dal punto di vista pastorale, devono tradurre questo impegno del Papa, questa condanna, in cose concrete: bisogna applicarla alle nostre situazioni, per creare una coscienza diversa nel nostro popolo cristiano. Non sono cose estranee: noi abbiamo bisogno di un cristianesimo di fede, non di un cristianesimo formale, di tradizioni. Credo che in questo dobbiamo mediare tra la tradizione e l’impegno della fede. In questo senso è vita la memoria che noi portiamo avanti di queste persone che sono morte …








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