2014-07-06 13:06:00

Indonesia: mercoledì voto per le presidenziali, favorito Jokowi


Mercoledì prossimo l’Indonesia, Paese a maggioranza musulmana con 250 milioni di abitanti, è chiamata a scegliere il suo presidente dopo il doppio mandato di Yudhoyono. La campagna elettorale è stata tendenzialmente non violenta, i due candidati – l’ex generale Subianto ed il governatore di Giakarta Jokowi – hanno cercato di proporsi come una novità rispetto al passato. Ma come l’Indonesia arriva a questa tornata elettorale? Benedetta Capelli lo ha chiesto a Paolo Affatato, giornalista dell'agenzia Fides esperto di Asia:

R. - Direi che proprio questa tornata elettorale darà la spinta decisiva a questa maturazione della democrazia indonesiana e arriva anche sull’onda di un nuovo movimento giovanile, perché proprio quest’anno sono stati ben oltre 75 milioni i giovani che per la prima volta si sono recati alle urne. Questo è un elemento che potrà sicuramente rivelarsi decisivo.

D. - I due candidati alla presidenza hanno percorsi e stili completamente diversi. L’ex generale Subianto non sembra avere, però, molte chance di vittoria…

R. - Ma, non è detto! E’ vero che il giovane e brillante cinquantenne Jokowi, che fu il governatore di Giakarta, sostenuto da una coalizione di partiti - diciamo - laici e nazionalisti, anche se ci sono degli elementi islamici, parte come favorito. D’altra parte l’ex generale Subianto, che ha da poco dismesso la divisa, è un uomo più legato alla storia dell’Indonesia, ai vecchi apparati, a quella politica che per decenni ha governato il Paese e quindi sottovalutarlo in questa corsa elettorale potrebbe essere un errore. Jokowi su di sé ha tutta questa novità: ha condotto una campagna elettorale all’insegna di parole chiave quasi mai utilizzate finora, come “diritti umani”, “rispetto”, “diversità”, “pluralismo”…. D’altro canto, Subianto ha ricevuto l’appoggio di grandi partiti musulmani, che hanno un loro peso politico.

D. - Quali altri punti di forza ha, invece, Jokowi?

R. - Jokowi si è caratterizzato anche come un uomo che ha messo la trasparenza al centro del suo programma politico. Ricordiamo che il presidente Yudoyono ha visto, in qualche modo, cadere le sue fortune politiche proprio perché accusato di non aver fatto abbastanza dal punto di vista economico e quindi è stato accusato di un certo immobilismo e di non aver saputo rilanciare l’economia del Paese, perché è stato coinvolto in grossi scandali finanziari. Quindi, Jokowi ha un passato di trasparenza, di diritti umani ed anche e soprattutto di tolleranza religiosa in un momento e in un clima in cui anche in Indonesia effettivamente è cresciuto il problema dell’intolleranza: quindi Jokowi, in effetti, ha ricevuto anche l’appoggio delle minoranze religiose.

D. - L’Indonesia è un Paese a maggioranza musulmana e ha l’11 per cento della popolazione al di sotto della soglia di povertà, ma i giovani sono una presenza assolutamente in crescita. Quale Paese si può ipotizzare in futuro?

R. - Un Paese che sia protagonista nel Sud-Est Asiatico. L’Indonesia è stato uno dei Paesi fondatori e promotori dell’Asean, l’Associazione delle nazioni del Sud-Est Asiatico, ed è uno di quei Paesi che sta spingendo per ampliare questa collaborazione che parte dai fattori economici, dal libero scambio, dalla circolazione delle merci, ma che punta anche a rafforzare i legami politici, la politica estera e quindi la gestione del Sud-Est Asiatico, che sappiamo essere un’area anche geopoliticamente molto importante rispetto alle grandi potenze che vi hanno, in qualche modo, messo gli occhi sopra per la sua importanza strategica, per i commerci e che sono - appunto - la Cina da una parte e gli Stati Uniti dall’altra. Proprio per questo, quindi, è un Paese che può dire la sua nell’ambito del Sud-Est Asiatico. A livello interno questo sarà possibile se il Paese sceglierà la via di una democrazia più matura, che possa in effetti rispettare i cosiddetti cinque principi che sono alla base della nazione indonesiana, la cosiddetta "Pancasila", che è una carta che non ha nulla da invidiare in qualche modo anche alle democrazie occidentali.








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