2014-07-03 14:12:00

Per rilanciare la Rai serve innovazione, cultura, riformare l’Auditel


“La riforma della Rai” è il stato il tema di un dibattito organizzato ieri pomeriggio a Roma dalla Rivista di cultura “Il Calendario del Popolo”, in uscita con un numero monografico dal titolo “Tele Visioni”, dedicato ai 60 anni della Tv di servizio pubblico in Italia. Il servizio di Roberta Gisotti:

Da almeno 20 anni la Rai viene criticata nel suo ruolo di servizio pubblico assimilato sempre più alla Tv commerciale, dominata da logiche di profitto. All’estero, da sempre la Bbc in Gran Bretagna e, in anni recenti, i canali pubblici in Francia e Spagna, hanno eliminato la pubblicità o l’hanno fortemente limitata in Germania. Sergio Bellucci esperto di comunicazione e innovazione promotore dell’incontro:

“Quella volontà fu, in realtà, interdetta perché l’equilibrio tra le risorse che prendeva la Rai e le risorse che dovevano andare a Mediaset non poteva essere toccato dai grandi accordi che hanno governato questo Paese negli ultimi 20-25 anni. Oggi ci troviamo con 20 anni persi, con il digitale che ha cambiato lo scenario complessivo dell’offerta e dei contenuti e quindi con un problema gigantesco, e cioè: la sperimentazione non può, semplicemente, ripartire da dove ci siamo fermati 20 anni fa. Abbiamo bisogno di idee nuove. Abbiamo la necessità di una fase di riflessione teorica ma anche, finalmente, di aprire le porte a sperimentare qualche cosa di nuovo”.

Puntare alla qualità per ridare senso e prestigio alla Rai? Ma si dice che la cultura non paghi in termini di audience: è proprio così? Flavia Barca, docente di Economia dei Media all’Università La Sapienza a Roma:

“C’è ancora questa idea vecchia della cultura come idea di élite. La cultura, quando è fatta bene, quando il prodotto culturale è un prodotto di valore, riesce anche ad essere un prodotto di grandissimo pubblico. Allora, la Rai per produrre non solo cultura ma anche un indotto economico importante, potrebbe ripartire avendo proprio come missione quella di rilanciare il mercato della produzione. Quindi, produrre contenuti di più alta qualità, creativi, realizzati da piccole imprese o dalle grandi imprese del Paese. Per esempio, noi abbiamo un patrimonio culturale enorme di idee, di beni culturali e di grandi beni artistici. Potremmo ripartire da un grande progetto che valorizzi, proprio in termini di marketing turistico e commerciale, tutto questo patrimonio. Un grande progetto culturale che potrebbe diventare anche un grande progetto di sviluppo per il Paese”.

Progetti di qualità sovente stroncati dai dati Auditel, unico misuratore degli ascolti Tv da 27 anni, sistema screditato e contestato, a servizio del marketing e non del pubblico. I tempi sono maturi per voltare pagina?

“Penso assolutamente di sì. E’ un cammino molto importante e in questo senso varrebbe la pena di guardare anche alle nuove tecnologie, al web e a tutti quei sistemi di contatto e di rapporto con il proprio pubblico in un’ottica di grande trasparenza ,che oggi le nuove tecnologie ci permettono”.

La ricerca dell’audience ha contaminato anche i Tg Rai, specie in prima serata: superficiali, infarciti di cronaca nera e gossip. Critiche fondate? Ennio Remondino, giornalista, già inviato e corrispondente del Tg1:

“Assolutamente sì. Credo che sia sotto gli occhi di tutti, perché ci sono degli incapaci che rincorrono stupidamente il mercato, non sapendo di danneggiare proprio l’audience, cioè di perdere ascoltatori, in questa maniera. D’altronde, siamo di fronte ad una rivoluzione del sistema: siamo passati dai mass media alla massa dei media, ed è una grande confusione sotto il cielo … Al momento, il fare tutto nello stesso contenitore vuol dire fare dei minestroni insipidi: pigli quello che trovi, per strada, e cacci in pentola. E ciò non è buono: è il modello Internet. Bisogna, nel calderone Internet, saper scegliere gli elementi caratterizzanti per fare un buon piatto”.








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