2014-06-30 14:04:00

Jihadisti annunciano istituzione di un califfato tra Iraq e Siria


I jihadisti dello Stato islamico in Iraq e nel Levante (Isil) hanno annunciato la creazione di un “califfato islamico” nelle regioni di Siria e Iraq finite sotto il loro controllo e di aver designato il proprio leader, Abu Bakr al-Baghdadi, “il califfo dei musulmani”. Dal canto loro le autorità di Baghdad parlano di minaccia per il mondo intero. Intanto sta trovando forti resistenze la controffensiva delle forze governative per riprendere il controllo di Tikrit, mentre nei combattimenti nella città petrolifera di Baiji, sei civili sono stati uccisi e 13 feriti dagli elicotteri dell’esercito iracheno. Sulla proclamazione del califfato e le ripercussioni regionali Marco Guerra ha sentito Riccardo Redaelli, esperto di Paesi arabi dell’Università Cattolica di Milano:

R. - Il califfato è la forma iniziale, subito dopo la morte del Profeta Muhammad, dell’Islam; è quindi naturale che tutti i movimenti islamisti, più radicali, che si immaginano di ricreare un Islam delle origini vogliono guardare al califfato. In realtà, al di là di questo richiamo retorico, c’è molto poco. In particolare dietro Isis, dietro questi gruppi terroristici e jihadisti, il richiamo al califfato per essi è semplicemente la necessità di coprire il vuoto di una vera offerta politica. Questi movimenti hanno un’offerta politica reale - al di là della violenza - che è pressoché nulla. Quindi, il califfato è una comoda copertura.

D. - Quali sono le aree svincolate da ogni controllo statuale che sono finite sotto l’Isis e a cosa punta l’Isis?

R. - L’Isis è una formazione particolarmente violenta che - come quasi tutte le formazioni qaediste e jihadiste che erano attive in Afghanistan, in Mali, nella Libia del Sud, nel Corno d’Africa e nello Yemen - puntano a fare delle aree che attraversano le frontiere - spesso artificiali, imposte dal colonialismo - in cui vi è un dominio diretto di queste organizzazioni. In Iraq è particolarmente pericolosa perché salda due guerre civili: quella siriana con la mai risolta conflittualità tra arabo-sciiti e arabo sunniti.

D. - Al di là del sogno dell’unità dell’Islam, che conseguenze avrà sul piano regionale la proclamazione di questo califfato?

R. - Va assolutamente esclusa la possibilità che questo califfato sia un califfato unificante. È uno slogan, una bandiera e niente più. In realtà, Isis - come tutte le formazioni jihadiste - è un movimento profondamente divisivo e polarizzante, sia dentro il mondo arabo, sia dentro il mondo islamico. Il califfato punta ad unire, loro invece puntano a divedere; sono nemici giurati degli sciiti e di tutte le altre minoranze islamiche. Le stesse popolazioni sunnite, che in questi giorni e mesi, guardano ad Isis come ad una leva contro un leader sciita come il primo ministro al-Maliki, si accorgeranno di cosa significa subire il dominio di queste formazioni che sono estremamente violente, estremamente aggressive, dogmatiche e che trafficano con tutti i traffici illeciti.








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