2014-06-29 14:01:00

Senegal: conclusa la missione "Bambini cardiopatici nel mondo"


Una missione a favore dei bambini colpiti da malattie cardiache congenite: è quella conclusa, nelle scorse ore, dall’associazione “Bambini cardiopatici nel mondo” nell’ospedale universitario di Dakar, in Senegal. L’iniziativa, che ha visto un’équipe medica specializzata operare nel Paese per una settimana, prevede anche la realizzazione di un’unità di cardiologia e cardiochirurgia pediatrica nella città africana. Del contesto in cui si inserisce il progetto, Davide Maggiore ha parlato con Riccardo Giani, responsabile delle relazioni istituzionali di “Bambini cardiopatici nel mondo”:

R. - Per quanto riguarda la struttura, noi facciamo capo all’ospedale Fann, che è l’ospedale universitario di Dakar, la capitale del Senegal, dove esiste già un’unità di cardiochirurgia per l’adulto cui noi ci appoggiamo. La selezione dei bambini che sono stati operati dalla nostra missione è stata fatta, sulla base di criteri di gravità delle patologie e soprattutto di aspettativa di vita post intervento, dal personale medico cardiologico, già esistente nell’ospedale universitario di Dakar, che però fondamentalmente si occupa di casi di adulti. In realtà, la richiesta di diagnosi approfondite e di trattamenti specifici per bambini cardiopatici congeniti è molto alta, si parla di decine di migliaia di piccoli. Per il trattamento fino ad oggi, non esistendo centri specializzati in cardiochirurgia pediatrica, in quest’area del mondo, veniva fatta, nei casi in cui era economicamente possibile, anche portando i bambini in centri italiani o europei o americani. Purtroppo, però, a causa appunto delle scarse risorse economiche di questi Paesi e anche perché non esistono attualmente centri specializzati nel trattamento di queste patologie, il tasso di mortalità è molto, molto elevato, circa l'80 per cento.

D. - Questo progetto dell’associazione "Bambini cardiopatici nel mondo" come nasce?

R. - Il Progetto Senegal si inserisce in uno più ampio, che abbiamo chiamato “Un cuore per l’Africa” e che prevede la costruzione di alcuni centri di eccellenza, di diagnosi e cura delle cardiopatie congenite dei bambini; l’attuazione di missioni operatorie cui partecipano medici cardiochirurghi e cardiologi, ma anche personale tecnico infermieristico, che proviene da tutta Europa, non solo dall’Italia; e la formazione per medici, personale tecnico e infermieristico dei Paesi in cui operiamo, perché l’obiettivo finale è quello di renderli autonomi.

D. - Quali sono le ragioni che hanno portato a scegliere il Senegal, e Dakar in particolare, come sede?

R. - Il Senegal è un Paese il cui influsso va al di là dei suoi confini nazionali e rappresenta tutta l’Africa occidentale; ha una struttura molto avanzata anche di infrastrutture - aeroporti già presenti e in via di realizzazione - e che può essere anche un centro di riferimento per i Paesi vicini.

D. - E, in particolare, sulla formazione si sa già quante persone saranno coinvolte e se ci sarà una cooperazione ad esempio con istituzioni educative locali?

R. - Il progetto prevede, oltre alla costruzione del centro e di un reparto di emodinamica e di una casa “mamma e bambino” per il post operatorio, anche delle borse di studio, e quindi dei processi di formazione, che saranno in Italia e in altri Paesi europei. Quest’anno partirà la selezione delle prime due borse di studio al personale medico locale. In futuro saranno erogate altre borse di studio e partiranno altri corsi di formazione con l’obiettivo di costruire dei team che siano in grado di sostenere questa attività e quindi di implementarla e mantenerla nel tempo. Saranno pure fatti corsi formativi locali, ma fondamentalmente la formazione sarà fatta nei centri europei, dove già esiste un’alta competenza di questo tipo.








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