2014-06-24 19:53:00

Iraq. Il Pentagono smentisce raid con droni


Il Pentagono ha smentito le notizie diffuse da alcuni media nel pomeriggio secondo cui droni americani avrebbero bombardato obiettivi degli jihadisti in Iraq, al confine con la Siria. Secondo la tv al Arabiya, sarebbero invece stati aerei del regime siriano ad effettuare i raid. Sembra vi siano decine di vittime. Le notizie si susseguono nel secondo giorno di visita in Iraq del segretario di stato americano, John Kerry. Il servizio di Debora Donnini:

Secondo giorno in Iraq per Kerry che cerca di convincere il Kurdistan iracheno a partecipare attivamente ad un governo di unità nazionale per rispondere all’insurrezione sunnita nel nord, guidata dai ribelli dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante. Da parte sua il presidente della Regione autonoma del Kurdistan, Barzani, ha assicurato che i curdi vogliono una soluzione alla crisi ma precedentemente, in un’intervista, non aveva escluso una secessione: aveva avvertito che su un’eventuale indipendenza del Kurdistan deve decidere il popolo e che le autorità vi si atterranno. Intanto l’Onu fa sapere che  l’offensiva jihadista, dal 5 al 22 giugno, ha già causato oltre 1.000 morti e 1.200 feriti. Un bilancio su cui pesano le centinaia di esecuzioni sommarie e i sequestri di massa ad opera dell'Isis. Sul terreno si registra ancora violenza con 19 morti in un raid aereo delle forze armate irachene su Baiji dove si trova la più importante raffineria del paese. Oggi l’esercito iracheno ha annunciato di averne ripreso il controllo respingendo gli attacchi degli jihadisti e uccidendo anche il comandante dell'Isis che ha condotto l'attacco, Abu Qutada

Da questa situazione bellica il Kurdistan iracheno potrebbe trovare spunti per affermare la tanto cercata indipendenza? Giancarlo La Vella lo ha chiesto a Cristian Tinazzi, che si trova nella città curda di Erbil:

R. – In questo momento, i curdi sono in una situazione di stand-by, potremmo dire. Ieri ci sono state comunque delle schermaglie, dei combattimenti nella zona vicino a Tall ‘Afar, e i peshmerga, i combattenti curdi, hanno messo in sicurezza una strada che ritenevano di primaria importanza. I curdi, in questo momento, stanno consolidando le loro posizioni anche al di fuori di quello che era il Kurdistan fino all’intervento dell’Isis, il Partito islamico dell’Iraq e del Levante, soprattutto Kirkuk che è la città da sempre contesa. Tra l’altro, il presidente Barzani in una intervista ha detto che era il momento per il popolo curdo di decidere per il proprio futuro. Il che non vuol dire che questa sia una richiesta di indipendenza, però i curdi se la stanno giocando proprio sull’aiuto che potranno dare al governo di al Maliki per fermare l’Isis in alcune zone: chiaramente, però, vogliono qualcosa in cambio...

D. – Un’eventuale ipotesi di Kurdistan iracheno, se non indipendente almeno con una forte autonomia, potrebbe essere un primo passo verso una unificazione dell’intero Kurdistan?

R. – Questo è probabilmente il timore che avrà anche la Turchia o l’Iran, che sono stati confinanti all’interno dei quali ci sono forti presenze curde. Anche la Siria, che però in questo momento vive una guerra civile e il partito curdo locale sta combattendo con gli insorti del Free Syrian Army. La situazione, certo, potrebbe evolversi ancora in maniera più incandescente, perché potrebbe portare a un’ulteriore destabilizzazione. Però, qui ognuno pensa a se stesso: i curdi stanno giocando le loro carte proprio per conquistare il loro futuro e la loro autonomia definitiva, se l’Isis non verrà sconfitto e ricacciato fuori dall’Iraq.








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