2014-06-23 13:27:00

Israele, ragazzi rapiti: cinque vittime tra i palestinesi


Il caso dei tre ragazzi israeliani rapiti sta facendo salire la tensione in Medio Oriente: si contano già cinque morti palestinesi nei vari scontri legati alle ricerche dei prigionieri. L’episodio sta creando delle spaccature anche all’interno della stessa popolazione palestinese. Una parte è scontenta dell’operato del presidente Abu Mazen, l’altra cerca di scongiurare nuove violenze. Gianmichele Laino ne ha parlato con Eric Salerno, esperto di Medio Oriente del quotidiano “Il Messaggero”:

R. - Le spaccature avvengono perché da un lato, a prescindere dal discorso Hamas-non Hamas, la popolazione palestinese - una parte - pensa che il presidente Abbas non stia facendo abbastanza per costringere gli israeliani a rilasciare i prigionieri palestinesi (nelle carceri c’è uno sciopero della fame da più di un mese), mentre l’altra parte della popolazione sostiene che questa sia l’unica maniera di andare avanti e di aspettare gli eventi. Una parte sicuramente non vuole tornare a un’altra Intifada: sanno che cosa hanno perso negli anni scorsi…

D. - Cosa rappresenta il rapimento dei ragazzi nel delicato equilibrio tra israeliani e palestinesi?

R. - Intanto, bisogna capire da chi sono stati rapiti. Anche se il premier Netanyahu sostiene che sono stati rapiti da Hamas, sembra più probabile che siano stati rapiti da un gruppo, un gruppo anche piccolo, o da gente che non ha agito sulla base di ordini ricevuti ultimamente dalla leadership del movimento islamico. Dall’altra parte, anche la popolazione israeliana è però divisa, perché vuole indietro, ovviamente, questi giovani e sta cercando di capire quale sia il mezzo. Anche l’esercito sta cambiando indirizzo in questo momento e dopo più di 300 arresti dei giorni scorsi sta pensando a delle operazioni più mirate a livello di intelligence per cercare di capire se sono ancora vivi questi ragazzi e dove possono essere eventualmente nascosti.

D. - Il rapimento e le sue conseguenze, con cinque morti palestinesi nei vari scontri legati proprio alle ricerche dei ragazzi: perché ci sono reazioni diverse da parte di autorità israeliane e palestinesi nella lettura di questi episodi?

R. - Ovviamente son due popoli in guerra, due dirigenze in guerra fra di loro. Gli israeliani sostengono che sono stati aggrediti dai palestinesi che protestano per questi rastrellamenti, rastrellamenti - e questo lo ammettono anche gli israeliani - soltanto per premere sulla popolazione, per spaventare la popolazione palestinese e non perché stiano cercando delle persone precise, scomparse e che possano avere informazioni riguardo al rapimento. In Israele, purtroppo, il discorso è che una parte della popolazione guarda al conflitto con i palestinesi con estremo disinteresse.

D. - Quale potrebbe essere la chiave per trovare una soluzione a questa nuova crisi?

R. - L’unica chiave è che, in qualche modo, si venga a capo del rapimento, se di rapimento si tratta, come sostengono e come è probabile che sia. Bisogna capire se ci sarà una credibile chiamata in causa da parte di qualcuno, se dalla popolazione palestinese verrà fuori il nome o il gruppo che ha rapito i ragazzi, se sono stati rapiti. L’altro discorso, ovviamente, è se uno di questi giorni si dovesse scoprire che sono stati uccisi, buttati da qualche parte e saranno ritrovati i loro corpi.








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