Visita a sorpresa a Baghdad del segretario di Stato Usa, John Kerry, dove ha incontrato il premier iracheno, al-Maliki, allo scopo di promuovere la formazione di un governo di unità nazionale che includa la comunità sunnita, come chiesto anche da molte autorità religiose e politiche del paese. Intanto, sembra inarrestabile l’offensiva nell’ovest delle milizie dello Stato Islamico dell'Iraq e del Levante (Isil) che, nelle ultime 48 ore, hanno espugnato altre tre località e due valichi di frontiera. Le autorità militari riferiscono di “centinaia i soldati decapitati e impiccati” nelle zone controllate dai jihadisti sunniti. Ma in questa fase quale ruolo possono giocare gli Stati Uniti? Marco Guerra lo ha chiesto ha Dennis Redmont, responsabile della comunicazione del Comitato Italia-Usa:
R. – Per adesso, l’atteggiamento degli Stati Uniti è stato abbastanza prudente. Però, ci sono stati contatti che questa settimana continueranno con l’Iran. Ricordiamo che l’Iran, che ha abbastanza leve sul governo di Maliki, ha già cooperato con gli Stati Uniti nel 2001 per il problema dei talebani in Afghanistan, perciò si potrebbero trovare degli interessi che coincidano tra l’Iran e gli Stati Uniti. L’unico problema, naturalmente, è che gli Stati Uniti devono mettere d’accordo tutti i Paesi della zona che in un certo modo sono coinvolti. Quindi, la Turchia dovrebbe chiudere le frontiere, per impedire che dei rinforzi vadano ad aiutare l’Isil, e poi l’Arabia Saudita il Kuwait e alcuni Stati del Golfo dovrebbero fermare i finanziamenti all’Isil. Le scelte di Obama non sono delle scelte facili, popolari e operative. Alcune soluzioni sono brutte e alcune molto brutte.
D. – Siria, questione palestinese, Iraq, Egitto... Quale di queste situazioni al momento è la più critica e la più importante per gli Stati Uniti in Medio Oriente?
R. – Certamente, quella dell’Iraq è la più drammatica. Per questo Kerry è finito in Iraq. Ma dobbiamo vedere quanto potere di contrattazione ha con al-Maliki. Lo stesso Maliki è un presidente abbastanza debole, che si appoggia alla componente sciita con abbastanza enfasi.
D. – L’avanzata dei fondamentalisti sunniti sta ridisegnando diversi equilibri regionali. Poi, ci sono gli sciiti, i qaedisti, le monarchie arabe .. Insomma, il Medio Oriente sembra un "tutti contro tutti". Che leve hanno gli Stati Uniti per intervenire in questo scacchiere e che leve hanno i partner degli Stati Uniti?
R. – Gli Stati Uniti potrebbero considerare un intervento in Iraq attraverso un’azione congiunta per dare appoggio ai moderati sunniti in Siria, perché questo potrebbe mettere pressione sull’Isil e darebbe l’impressione al mondo esterno che non stiano intervenendo per appoggiare i sunniti. Però, naturalmente, Obama potrebbe adottare una posizione ancora più prudente: lasciare che l’Iraq si frammenti nei famosi tre pezzi, cioè sunniti, sciiti e curdi, del quale si è parlato durante molti anni e che sembra prendere forma.
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