2014-06-19 13:00:00

Corpus Domini con il Papa. Mons. Forte: Eucaristia rigenera la Chiesa


Questa sera, al termine della celebrazione della Messa sul Sagrato di San Giovanni in Laterano, il Papa si recherà direttamente, in auto coperta, alla Piazza di Santa Maria Maggiore ad attendere la processione con il Santissimo Sacramento – guidata dal cardinale vicario Agostino Vallini – per concluderla con la Benedizione solenne. Ne dà notizia il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi.

Il Papa, viene spiegato, ha ritenuto opportuno rinunciare al lungo itinerario a piedi sulla Via Merulana, fra le due Basiliche, anche in vista dei prossimi impegni – in particolare il viaggio a Cassano all'Jonio, in Calabria, fra soli due giorni – e allo stesso tempo preferisce evitare di fare il tragitto sulla autovettura scoperta, affinché, secondo lo spirito della celebrazione odierna, l’attenzione dei fedeli rimanga invece concentrata sul Santissimo Sacramento esposto e portato in processione. Sul significato della Solennità del Corpus Domini, Alessandro Gisotti ha raccolto la riflessione dell’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte:

R. – Vorrei cogliere due aspetti. Il primo: la Festa del Corpus Domini è la festa della materia, della corporeità, della carne. Il fatto che il Figlio di Dio si sia incarnato e che abbia voluto lasciarci il dono della sua presenza reale nel pane e nel vino dell’Eucaristia è una straordinaria valorizzazione della dimensione corporea, carnale, dell’esistenza storica e dell’esistenza umana in particolare. L’altro aspetto è che, proprio perché questa materia è come divinizzata dal fatto che il Figlio di Dio l’ha fatta sua, è la vocazione altissima alla divinizzazione che ogni creatura umana ha nel disegno di Dio, per volontà divina. Dunque, noi che siamo carne, che siamo materia, siamo fatti per giungere alla gloria di Dio, tutto in tutti.

D. – Il Corpus Domini ci ricorda con forza quanto Gesù ci ami. E’ il "Sacramento dell’amore" per riecheggiare San Tommaso d’Aquino e Benedetto XVI. Questa dimensione del dono…

R. – Questo è l’aspetto che poi noi vediamo in maniera particolarmente incisiva nell’atto istitutivo dell’Eucaristia. L’Ultima Cena è la rivelazione più alta, anche anticipata rispetto al dono supremo della Croce, della carità del Figlio di Dio: Gesù che lava i piedi. Sappiamo che la lavanda dei piedi corrisponde in Giovanni ai racconti dell’istituzione che ci sono nei Sinottici: Gesù che dona se stesso. “Prendete e mangiate questo è il mio Corpo, fate questo in memoria di me”: è un Gesù che ci dice che la legge suprema della sequela di Lui e della famiglia dei figli di Dio, che nasce dalla sua missione terrena, cioè la Chiesa, è la legge della carità. L’essere servi gli uni degli altri è la forma concreta di testimoniare la fede in Gesù, la sequela di Lui, l’amore a Dio, cui Egli ci chiama. Questa dimensione della carità concreta che ogni nostra Eucaristia dovrebbe rigenerare in noi e rigenerare nel vissuto della Chiesa.

D. – Papa Francesco ha più volte sottolineato che l’Eucaristia è il Sacramento della comunione che ci fa "uscire dall’individualismo" per vivere la fede in Cristo, in Gesù. Anche qui, in un qualche modo, torna questo "uscire da se stessi", che è quasi il tratto distintivo anche dell’essere pastore di Francesco…

R. – Papa Francesco insiste molto, anche nell’Esortazione Evangelii Gaudium, sull’essere una Chiesa in uscita. In realtà la parola è molto bella e ci colpisce, ma è una parola anche molto antica: quando noi parliamo di esodo, noi parliamo di un “uscire da”. In fondo tutta la missione del Figlio eterno fra noi, può essere compendiata nel triplice esodo: l’esodo da Dio, l’esodo da Sé e l’esodo verso Dio. L’esodo da Dio è l’Incarnazione. L’esodo da Sé è la consegna fino alla morte, la morte di croce; l’esodo verso Dio è la Risurrezione. Noi dobbiamo pensare il dinamismo della vita cristiana proprio in questa lettura esodale, che Papa Francesco, con espressione molto concreta e comprensibile alle donne e agli uomini di oggi – e questo è uno dei grandi meriti di Papa Francesco, saper parlare la lingua che tutti capiscono – traduce dicendo “essere una Chiesa in uscita”. Dunque, il cristiano è in uscita continuamente: in uscita da ogni tentazione di autoreferenzialità, di individualismo, per essere il testimone della carità e per essere come Chiesa una Chiesa al servizio di Dio e al servizio degli uomini.








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