2014-06-19 14:54:00

Allarme Ebola in Guinea. Msf: poca ricerca su virus raro


Allarme dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) per l’epidemia di Ebola nell’Africa occidentale. Sono aumentati del 60 per cento i casi nelle ultime due settimane: in totale 528 le persone infettate e 337 i morti dall’inizio dell’anno, massima parte in Guinea, oltre che in Liberia e Sierra Leone. Roberta Gisotti ha intervistato la dott.ssa Livia Stampellini, dell’organizzazione Medici senza frontiere, appena rientrata in Italia dalla Guinea:

R. – La situazione è ancora molto critica, soprattutto a Guéckédou, che è un po’ l’epicentro dell’epidemia: sia i casi confermati che i decessi comunicati sono ancora molti. Questo vuol dire che il messaggio di arrivare al centro di trattamento in tempo non è stato ancora raccolto dalla popolazione. La cosa più importante nell’epidemia di Ebola è quella di interrompere una catena di trasmissione delle infezioni, ma in questo siamo ancora in grosse difficoltà, nonostante gli sforzi sia nostri sia anche di tutte le autorità locali.

D. – Perché questo virus, che già conosciamo da diversi anni, fa tanta paura?

R. – Prima di tutto perché è un virus che non ha un trattamento specifico, né un vaccino. Ha una mortalità, soprattutto il ceppo che c’è in Guinea adesso, che può arrivare fino al 95 per cento, 75-95 per cento. Secondo, la trasmissione si ha spesso in contesti familiare: la gente si infetta, perché aiuta il fratello malato o lava i suoi vestiti infetti…

D. – Le ha sottolineato che non ci sono ancora vaccini e non ci sono cure risolutive. Forse ci sono pochi investimenti da parte delle case farmaceutiche per la ricerca?

R. – Sicuramente è una malattia anche rara, nel senso che non è che c’è tutti gli anni  - per fortuna! - un’epidemia di Ebola e quindi è anche difficile da scoprire un trattamento. Poi, certo, non c’è stato né l’interesse, né la possibilità di avere una ricerca specifica. Però c’è anche da dire che i casi di questa ultima epidemia sono poco più di 300 ed è una delle più grandi che ci sia stata… Quindi è difficile, anche volendo. Poi sicuramente non c’è stato un interesse per avere un trattamento specifico.

D. – Arrivano però questi allarmi a livello internazionale dell’Organizzazione mondiale della Sanità: che cosa si può fare allora?

R. – Per curare questa epidemia?

D. – Si, che cosa si può fare? Si lancia un allarme a livello internazionale, quindi che cosa si chiede? Si chiedono fondi per campagne di informazione, per la popolazione o che altro?

R. – Sicuramente per la popolazione la cosa importante è evitare di essere infettati. Questa è la prima cosa! Bisogna quindi informarli, ma per informare delle persone che abitano in villaggi isolati, ci vuole personale e mezzi per raggiungerli. Seconda cosa: è vero che non c’è un trattamento specifico, nel senso che non c’è un antibiotico o un antivirale in questo caso specifico nei confronti del virus Ebola, però si è visto che la gente che arriva al centro di trattamento prima, può avere più possibilità di sopravvivere perché viene supportata: quindi si reidrata il paziente, si danno terapie sintomatiche, che permettono al malato e al suo sistema immunitario di sopravvivere. Quindi si cambia la prospettiva di vita del paziente! Per arrivare però a questo risultato bisogna – anche in questo caso – avere una campagna informativa e per questo, è sicuro, che ci servono dei mezzi.

D. – Quindi è importante che arrivino dei fondi mirati anche ad organismi come Medici Senza Frontiere, che affrontano questa malattia…

R. – Certo! Senza l’aiuto degli altri non ci arriveremo mai!

D. – Dott.ssa, avete un programma specifico per i prossimi mesi?

R. – Noi gestiamo centri di trattamento sia a Guéckédou, che a Konakry, che a Télimélé. Il nostro programma si articola in due punti:  trattare i singoli pazienti che giungono al centro, e poi trovare i casi di pazienti sospetti e portarli in modo sicuro, in una ambulanza adeguata, dal proprio villaggio, dal proprio domicilio al centro di trattamento il più presto possibile, evitando quindi la trasmissione dell’infezione; ed anche conduciamo un’azione - coordinata con le altre organizzazioni - di informazione nei villaggi.








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