2014-06-12 08:13:00

Papa Francesco: i Mondiali siano festa di solidarietà tra i popoli


“Possa questa Coppa del Mondo svolgersi con tutta la serenità e la tranquillità, sempre nel reciproco rispetto, nella solidarietà e nella fraternità tra uomini e donne che si riconoscono membri di un’unica famiglia”.  Questo l’augurio di Papa Francesco in occasione della Coppa del Mondo di calcio che prende il via oggi in Brasile, in un videomessaggio trasmesso dalla Tv brasiliana “Rete Globo”. Il servizio di Roberto Piermarini:

Il Papa si augura  che “oltre ad una festa di sport, questa Coppa del mondo di calcio possa trasformarsi in una festa di solidarietà tra i popoli”. “Lo sport infatti è uno strumento – dice il Papa – per comunicare i valori che promuovono il bene della persona umana e aiutano a costruire una società più pacifica e fraterna. Pensiamo alla lealtà, alla perseveranza, all’amicizia , alla condivisione ed alla solidarietà. Quindi Papa Francesco indica tre lezioni della pratica sportiva, tre atteggiamenti essenziali in favore della pace: la necessità di “allenarsi”, il “fair play” ed il rispetto degli avversari. Se per vincere è necessario allenarsi, “possiamo vedere, in questa pratica sportiva, una metafora della nostra vita”.

“Nella vita è necessario lottare, ‘allenarsi’, impegnarsi per ottenere risultati importanti. Lo spirito sportivo ci rimanda in tal modo, un’immagine dei sacrifici necessari per crescere nelle virtù che costruiscono il carattere di una persona. Se per migliorare una persona  è necessario un “allenamento” intenso e continuo – afferma il Papa -  ancora più impegno dovrà essere investito per  arrivare all’incontro e alla pace tra individui e tra i popoli ‘migliorati’!”.

Importante anche il ‘fair play’ perché “il calcio può e deve essere una scuola per la formazione di una cultura dell’incontro, che porti armonia e pace tra i popoli”. “Per vincere -  afferma Francesco – bisogna superare l’individualismo, l’egoismo, tutte le forme di razzismo, di intolleranza e di strumentalizzazione della persona umana. Quindi, essere ‘individualisti’ nel calcio rappresenta un ostacolo al successo della squadra; ma se siamo ‘individualisti’ nella vita, ignorando le persone che ci circondano, ne riceve un pregiudizio l’intera società”.

Infine il Papa sottolinea che “il segreto della vittoria sul campo, ma anche nella vita, risiede nel saper rispettare il mio compagno di squadra, come pure il mio avversario. Nessuno vince da solo, né in campo, né nella vita! Che nessuno si isoli e si senta escluso! E, se è vero che al termine di questi Mondiali, solamente una squadra nazionale potrà alzare la coppa come vincitore, imparando le lezioni che lo sport ci insegna, tutti saremo vincitori, rafforzando i legami che ci uniscono”.

 

E con un tweet Papa Francesco ha augurato "a tutti uno splendido Mondiale di Calcio, giocato con spirito di vera fraternità”, a poche ore dal calcio di inizio della Coppa del mondo, con il match Brasile-Croazia. Cecilia Seppia ha chiesto un commento alle parole del Pontefice, nel videomessaggio, al collega della redazione brasiliana Silvonei Protz:

R. - Naturalmente il calcio per i brasiliani, ed anche per i latino americani, è un importante elemento di aggregazione. Il Papa conosce molto bene questa realtà, perché lui è un grande tifoso del San Lorenzo (squadra argentina ndr). Sono sicuro che guarderà il mondiale tifando per la sua Argentina. Ma il Papa fa un discorso non soltanto alla società del calcio, ma alla società in generale, ricordando anche, per un certo verso, che la pace deve essere al centro di tutto. Nel suo messaggio, il Papa mette l’accento sul fatto che dobbiamo superare il razzismo; il calcio deve essere una scuola di costruzione per una cultura dell’incontro che permetta la pace, l’armonia tra le persone. Credo che in questo Brasile ora in subbuglio anche con le manifestazioni, con gli scioperi, il Papa dà una linea, una direzione da seguire.

D. - Accennavi alle manifestazioni, agli scioperi che ci sono stati anche di protesta proprio per questo Mondiale. Il calcio può far bene al Brasile in questo momento?

R. - Credo che il calcio abbia sempre fatto bene ai brasiliani, perché era, è, momento di aggregazione anche quando ci sono queste partite -  parlo di Maracanã, di Morumbi, di questi grandi stadi in Brasile - perché si aspettava sempre durante tutta la settimana il momento di andare allo stadio. Il calcio è stato, per molto tempo, quasi un’anestesia per le rivendicazioni popolari. Questa volta è interessante guardare la situazione da una prospettiva esterna: il calcio che in Brasile è l’elemento che aggrega, sembra che in questo momento sia un elemento di disaggregazione; ma io non credo che sia così. Il fatto che il Brasile ospiti i Mondiali di calcio fa vedere che il Paese ha una storia enorme da percorrere, perché qui c’è ancora una diseguaglianza molto prepotente. Abbiamo fatto un enorme salto di qualità negli ultimi anni, ma c’è ancora tanto da fare, tanto da percorrere. Altro elemento principale sono le politiche che il governo fa verso la gente; è per questo che la gente in questo momento sta manifestando. Non sta manifestando contro il calcio in se stesso, ma contro gli sprechi che hanno fatto per montare un grande circo, un grande spettacolo, in quanto la gente ha ancora bisogno di essere concretamente servita da uno Stato.

D. - Il Papa ha voluto sottolineare tre lezioni della pratica sportiva che poi concorrono alla causa della pace: la necessità di allenarsi, il fair play e il rispetto degli avversari.

R. - Senz’altro, noi dobbiamo allenarci. L’allenamento di cui parla il Papa dobbiamo farlo  anche nel nostro quotidiano. Il giorno che ci fermiamo siamo finiti! Dobbiamo sempre migliorare! Uno che non si allena non raggiunge obiettivi, ma questo deve valere anche nella nostra vita quotidiana! Quando il Papa parla di fair play invece si riferisce a questa dimensione del rispetto verso l’altro e riconoscerlo. Quando parliamo di tutto questo, viene fuori la dimensione della pace.

D. - Quindi rispettare l’altro, evitare l’individualismo, che poi porta al razzismo all’intolleranza e, a tal proposito, evitare anche un atteggiamento che il Papa descrive usando una parola particolare in portoghese …

R. - Il Papa usa una parola molto interessante in portoghese: "fominha" che significa tutto per sé. In Brasile la usiamo per indicare quella persona che durante una partita di pallone non passa la palla, vuole fare tutto da solo. Il Papa dice: “Non si può risolvere tutto da soli, dipende dall’altro, giochiamo insieme”. Questa è la vera lezione che il Papa dà. Lo sport ci può aiutare anche in questa dimensione: dobbiamo dipendere dagli altri per risolvere. Non arriviamo al portiere, al goal, se non passando la palla.

D. - Ecco l’invito a tutte le squadre a rafforzare quindi i legami che uniscono... possiamo però fare a questo punto anche un auspicio per tua nazionale e per la nostra?

R. - Quando oggi ci sarà il primo tocco di pallone, ogni nazione si unirà: questa è una cosa fantastica! Credo sia questo il messaggio. Ogni persona diventa un tifoso non solamente di 11 giocatori che corrono dietro un pallone, ma di qualcosa che rappresenta molto di più di questo: un’unità nazionale, un ideale. Perciò forza Brasile! Forza Italia!








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