2014-06-12 12:16:00

Iraq, i Jaidisti avanzano. Il vescovo di Mosul invoca la pace


 

Sembra non conoscere sosta l’avanzata dei ribelli legati ad Al Qaida in Iraq. Decine di americani - civili e contractor - sono stati evacuati nelle ultime ore dalla base militare irachena di Balad, uno dei maggiori centri di addestramento del Paese. Il segretario di Stato Usa John Kerry ha assicurato che Obama prenderà decisioni in breve tempo. Alessandro Guarasci

La Casa Bianca esclude nell’immediato l’invio di truppe sul campo, ma presto gli Usa potrebbero intervenire in altro modo. Obama afferma che Bagdad avrà bisogno di ulteriore assistenza americana. Dunque sono possibili azioni militari anche se non se ne conosce l’entità. Contatti sono in corso tra la Casa Bianca e i vertici iracheni.

E’ certo comunque che già dallo scorso anno, gli Stati Uniti stanno segretamente impiegando un ridotto numero di droni in Iraq per raccogliere informazioni di intelligence sugli insorti. E’ certo comunque che l’avanzata dei miliziani jihadisti dello Stato islamico dell'Iraq e del Levante continua in tutto il Paese. Circondata la raffineria di Baji, a nord di Baghdad, una delle più importanti del Paese. Gli estremisti minacciano di marciare anche sulla capitale Bagdad. Evacuata poi la base militare di Balad. Intanto migliaia di persone stanno fuggendo dalle zone soggette ai combattimenti.

Il prefetto della Congregazione per le Chiese orientali, il cardinale Sandri, segue con “preoccupazione l'aggravarsi della già delicata situazione in Iraq". In pericolo anche tanti Cristiani

Drammatica dunque la situazione a Mosul, dove i profughi sono mezzo milione. Davide Maggiore ha raggiunto telefonicamente il vescovo caldeo della città, mons. Emil Shimoun Nona:

R. – Quasi tutte le famiglie che sono fuggite dalla città sono senza niente. Abbiamo cercato di trovare posti nei paesi della Pianura di Ninive; ci sono famiglie nelle aule di catechismo, nelle sale delle Chiese, nelle case vecchie di questi paesi. Poi, ce ne sono altri nelle tende, vicino al Kurdistan. Perciò la situazione non va bene e se in questi giorni la situazione rimarrà così, questa gente avrà bisogno di aiuto, di aiuto urgente.

D. – La popolazione civile di questi paesi dove i profughi si sono rifugiati, come sta aiutando, come sta reagendo?

R. –Hanno cominciato ad aiutare questa gente con tutto quello che hanno ma non è possibile che questa gente aiuti per lungo tempo gli altri che sono venuti, perché la capacità di questa zona, in questo momento, non è un granché, perciò bisogna aiutarli in un altro modo.

D. – Cosa si potrebbe fare, cosa si dovrebbe fare?

R. – Prima di tutto un aiuto urgente di cibo, di acqua ed altre cose necessarie per vivere, soprattutto con questo clima che qui è abbastanza caldo.

D. – I jihadisti stanno continuando la loro avanzata. Da questo punto di vista com’è da voi la situazione, parlano di Chiese e conventi bruciati…

R. – Una chiesa della mia diocesi è stata saccheggiata, ieri e l’altro ieri, da parte di alcune persone. Non si sa chi siano queste persone, militanti, o ladri; non lo sappiamo esattamente. Quello che sappiamo è che i vicini della chiesa e le famiglie musulmane hanno cercato di difendere la chiesa. Ci sono riusciti abbastanza ma, ieri e l’altro ieri, alcuni ladri, o persone armate, sono entrati in Chiesa ed hanno rubato tutto quello che c’era. Un’altra chiesa è bruciata, ma non era esattamente una chiesa: era una struttura della Chiesa armena, e prima della caduta di Mosul c’era l’esercito in questa struttura.

D. – In questa situazione veramente di emergenza, in cui c’è bisogno di aiuto, come sta reagendo la popolazione musulmana? I civili musulmani, le famiglie musulmane danno anche loro un aiuto?

R. – Certo, certo! Ci sono famiglie che difendono le case dei cristiani, le chiese, ma sicuramente ce ne sono anche altri che non fanno tutto questo. In generale, però, i vicini delle chiese stanno reagendo in modo buono. La gente sente che non può fare niente, adesso con i militanti, o jihadisti: quella che parla è la lingua della forza, la lingua delle armi. È quella la lingua adesso.

D. – C’è un appello che lei vuole fare a chi ci sta ascoltando attraverso i microfoni della Radio vaticana?

R. – Prima di tutto noi vogliamo che la pace torni nella nostra città, in tutto l’Iraq, perché è molto importante che la gente viva in pace, in serenità. Tutto il popolo iracheno si è stancato di questa situazione e la nostra città di Mosul di più, perché da anni abbiamo questa situazione. Vogliamo vivere in pace, con dignità umana. Poi, la seconda cosa è che bisogna aiutare anche questa gente che adesso si trova fuori dalla città, tantissime famiglie musulmane, cristiane sono fuori dalla città e bisogna trovare il modo o di farle tornare nelle loro case, o di dare loro un aiuto.








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