2014-06-10 15:59:00

Rapporto Ocse: economia africana cresce, ma poca diversificazione


L’Africa un continente giovane e in crescita economica continua: le proiezioni per il 2014 prevedono un tasso di crescita pari al 4.8%, con un'ulteriore accelerazione per il 2015. Non da meno sono i dati sull'incremento della popolazione e sul rafforzamento generale della "governance". Ma quanto e come l’Africa è capace di sfruttare questa crescita? Sono questi i temi al centro del Rapporto annuale sull'economia africana curato dall'Ocse, dalla Banca Africana di Sviluppo e dal Programma di Sviluppo dell’Onu. Il documento è stato presentato a Roma. Il servizio di Gabriella Ceraso:

L’economia si globalizza e passa sempre più nelle mani dei Paesi emergenti. Tra essi ci sono anche quelli dell’Africa, il “continente della speranza”, afferma Anthony Simpasa della Banca africana dello Sviluppo presentando i dati macroeconomici del Rapporto. Un Pil, quello africano, al 4.8% nel 2014, che sfiorerà il 6% in due anni, meglio dell’America latina, dietro ancora all’Asia ma in netta controtendenza rispetto alla crisi europea. Est e Ovest ancora le regioni trainanti del continente, il Nord rallentato dalla crisi libica e il Sud in miglioramento grazie soprattutto a nuovi governi. A fare la differenza, spiega il Rapporto, sono innanzitutto politiche macroeconomiche più convinte che danno stabilità e attraggono capitali esterni, come spiega Mario Pezzini, direttore sviluppo Ocse:

"Ormai, gli investimenti stranieri sono oggi il flusso più importante che va verso l’Africa, seguito dalle rimesse degli immigranti e gli aiuti allo sviluppo arrivano solamente dopo. Il che dimostra anche una capacità di attrattività significativa".

Altro trampolino di lancio è il miglioramento in media delle condizioni di vita:

"Si sta sviluppando in Africa, come negli altri Paesi emergenti, questa figura sociale che molti amano chiamare 'classe media'. Io non amo questa espressione. Stiamo parlando di gente che ha lasciato la povertà estrema - e questa è una cosa straordinaria – che però rimane vulnerabile e ci può ricadere. Ciò non toglie che le condizioni in media sono migliorate e questo crea anche domanda interna ed un dinamismo nazionale".

Infine, c’è la diversificazione dei partner. Ancora Mario Pezzini:

"Interagiscono portando capacità differenti: la Cina, lo sappiamo, è interessata alle risorse naturali e lavora molto sulle infrastrutture; l’India è connessa all’Africa per i software e l’utilizzo di capitale umano offshore; il Brasile per le tecnologie nell’industria alimentare e nella produzione agricola; la Turchia e la Corea del Sud in manifattura. Quindi, l’Africa ha un ventaglio di partner che le ha permesso – grazie a questa diversificazione – anche di attutire l’impatto della crisi".

Ma il Rapporto punta il dito anche sugli ostacoli per uno sviluppo sostenibile nel futuro. L’Africa, si legge, usa le risorse naturali, ma ne è rimasta troppo dipendente e soprattutto non diversifica le strutture produttive anche perché non usa ancora al meglio una grande opportunità al centro di questo Rapporto dell’Ocse, le “catene globali di valore”:

"Questa organizzazione che vediamo nel mondo prendere sempre più piede e rappresentare ormai il 60 per cento del commercio internazionale, offre delle possibilità, perché – in poche parole – una catena globale di valore vuol dire che invece di fare tutte le parti di un prodotto sotto lo stesso tetto le si fa in imprese diverse, o addirittura in Paesi diversi. Allora, se si deve avviare un’impresa facendo tutto quello che è necessario, dalla materia prima al prodotto finale - serve una massa di capitale ben più elevata che se ci si concentra in una sola fase. Inoltre, siccome le imprese vanno in questi Paesi per vendere, ma anche per comprare la presenza di queste grandi imprese sedimenta nel tempo capacità tecniche, tecnologiche, manifatturiere... Quindi, c’è questa possibilità. Il punto è che l’Africa la sta sfruttando molto poco: nel ’93 l’Africa produceva, più o meno, l’1,4% della produzione globale di prodotti intermedi; oggi, ne produce 2,2%".

Il Rapporto, buona consuetudine da 13 anni per l’Ocse, vuole offrirsi anche come piattaforma per i governi africani: le politiche pubbliche, si legge, sostenute da riforme fiscali laddove possibile, sono indispensabili, ma non esiste una soluzione valida in tutti i casi. Ancora Mario Pezzini:

"In realtà ci sono diverse traiettorie di sviluppo perché ciò che conta non è solo l’economia ma sono le istituzioni, la storia e la geografia dei diversi Paesi. Quindi, bisogna riprendere in mano la capacità dei Paesi di fare le politiche pubbliche e di organizzarle. Ciò che si può fare è iniziare a scambiarsi seriamente delle esperienze e discuterne. È un processo lungo, non è un processo di negoziazione ma di costruzione della fiducia e di un tavolo. Però io ci credo".








All the contents on this site are copyrighted ©.