2014-06-08 09:33:00

Festival di Pentecoste a Salisburgo. Intervista a Bruno Cagli, presidente Accademia Santa Cecilia


La grande musica è a Salisburgo in questi giorni per il Festival di Pentecoste. Proprio nel giorno della Solennità che ricorda l’effusione dello Spirito Santo sugli Apostoli, anche l’Orchestra e il Coro di Santa Cecilia, diretti da Antonio Pappano e Ciro Visco, insieme ad un cast di splendide voci, si esibiscono con un programma dedicato a Rossini, come quest’anno detta la celebre rassegna austriaca. Della religiosità del pesarese, Gabriella Ceraso ha parlato con il presidente dell’Accademia di Santa Cecilia Bruno Cagli:

R. – La religiosità di Rossini è un capitolo molto oscuro, come del resto è oscuro in tutto i suoi tratti intimi: è un compositore che nemmeno nelle lettere si apre molto, non è un romanticismo così esplicito. Nessun compositore poteva sfuggire in quell’epoca alla musica sacra, però Rossini – alla fine della vita – scrisse la Petite Messe: la Petite Messe fu un impulso personale che scelse privatissimamente, tanto è vero che a parte la prima esecuzione, avvenuta praticamente in una casa privata, non volle che si eseguisse. Anche quando la orchestrò disse: “Lo faccio io, prima che lo facciano altri”. Quindi fu un suo "contatto diretto con il Buon Dio", come dice anche nella sua dedica nell’epilogo, a cui lui fermamente credeva.

D. – Altra pagina presente a Salisburgo è lo Stabat Mater. Dramma, poesia, forza teatrale: c’è chi ha scritto che c’è tutto questo in questo pezzo…

R. – E’ una composizione molto ardita, ma non ci dimentichiamo che finisce con dei fugati e con dei passi a cappella. Quindi ci sono tutti gli stilemi della musica sacra.

D. – Dunque la musica di Rossini è un inno a Dio?

R. - Come in tutti noi uomini rimane il punto interrogativo di fronte all’aldilà, però certamente Rossini una soluzione gliel’ha data, altrimenti non avrebbe scritto queste musiche.








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