2014-06-07 12:19:00

Il commento di don Ezechiele Pasotti al Vangelo della Domenica


Nella Solennità della Pentecoste, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù risorto appare ai discepoli dicendo:

«Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Su questa Solennità, ascoltiamo la riflessione di don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma:

Pentecoste: ho l’impressione che suoni oggi come una parola più o meno vuota, forse un po’ erudita, ma lontana da ciò che conta nella nostra vita. Siamo talmente abituati a vivere dello Spirito Santo da non percepirne più né il dono, né la presenza, né la bellezza…, come l’aria che respiriamo. Eppure lo Spirito Divino è sinonimo di vita, di luce, di pace, di amore, di bellezza, di infinito, di comunione, di armonia, di grazia, di perdono… Il Signore Gesù, con la sua Pasqua, ha ottenuto dal Padre per la sua sposa questa veste nuziale che la riempie di bellezza divina, che la rende capace di Dio, capace di portare in sé Dio. Rinnovata da questo sigillo divino, per amore al suo Sposo, la Chiesa si fa annunciatrice di Dio nel mondo, della Sua grazia, del Suo perdono, della Sua misericordia: “A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati”.  Per la presenza dello Spirito Santo in lei, la Chiesa diventa Madre, capace di tenerezza, di piegarsi dolcemente sulle ferite dell’uomo, di ridare vita all’uomo. Papa Francesco, nell’Esortazione Apostolica Evangelii Gaudium afferma: “A Pentecoste, lo Spirito fa uscire gli Apostoli da se stessi e li trasforma in annunciatori delle grandezze di Dio, che ciascuno incomincia a comprendere nella propria lingua. Lo Spirito Santo, inoltre, infonde la forza per annunciare la novità del Vangelo con audacia (parresia), a voce alta e in ogni tempo e luogo, anche controcorrente. Invochiamolo oggi, ben fondati sulla preghiera, senza la quale ogni azione corre il rischio di rimanere vuota e l’annuncio… privo di anima” (259).








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