2014-06-06 14:31:00

Il card. Vegliò: gli zingari sempre più nel cuore della Chiesa


Quella degli zingari resta una delle categorie sociali più vulnerabili e quindi meno tutelate. Lo ha ricordato Papa Francesco incontrando i partecipanti all’Incontro Mondiale dedicato alla Pastorale degli zingari, organizzato in questi giorni in Vaticano dal Pontificio Consiglio della pastorale dei migranti e degli itineranti. “Sono le persone meno tutelate - ha sottolineato il Vescovo di Roma - che cadono nella trappola dello sfruttamento, dell’accattonaggio forzato e di diverse forme di abuso”.  Sulle cause di questa vulnerabilità, Fabio Colagrande ha sentito il cardinale Antonio Maria Vegliò, presidente del dicastero organizzatore dell’incontro:

D. - Quali erano gli obiettivi dell'Incontro Mondiale sulla pastorale degli zingari che si conclude oggi? 

R. - Gli obiettivi erano due: riesaminare l’impegno pastorale della Chiesa in favore delle popolazioni zingare e preparare il 50.mo anniversario della visita di Paolo VI agli zingari riuniti in un pellegrinaggio internazionale a Pomezia nel 1965. Quella visita segnò una particolare apertura della Chiesa a questo popolo. In una realtà sociale che cambia, anche la pastorale degli zingari ha bisogno di rinnovate strategie pastorali, di nuove vie e metodi adeguati alle circostanze. In ciò sono di grande aiuto le indicazioni di Papa Francesco nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium sull'annuncio del Vangelo nel mondo attuale.

D. - Papa Francesco ha ricordato che gli zingari, senza integrazione, restano una categoria sociale vulnerabile, cosa significa?

R. - Molti di loro vivono ancora in condizioni di estrema povertà: abitazioni precarie senza acqua potabile né elettricità, problemi economici aggravati dalla crisi, difficoltà di accesso ai servizi sanitari ordinari e nel campo del lavoro. All’origine di questa situazione di povertà ci sono anche altri fattori che influiscono, quali la diversità culturale e la mancanza di istruzione che portano alla loro discriminazione. Per fare un esempio, in Europa la metà dei bambini Rom non è mai stata scolarizzata e il 50% degli adulti è analfabeta. Ciò li esclude dal tessuto sociale e dal dibattito politico e culturale, nonostante siano europei. In questo cammino è necessario il coinvolgimento di tutti. Anche il popolo zingaro deve dare la sua fattiva e leale collaborazione, affinché essi siano collocati degnamente nel tessuto civile.

D. - Quali sono oggi le priorità della Chiesa nella pastorale degli zingari?

R. - La Chiesa ha il compito di portare il Vangelo in mezzo a loro. Ciò significa annunciare il nome di Gesù ma anche affrontare le diverse sfide che si presentano, come riconosce Papa Francesco. Nel caso degli zingari, sostenere il loro cammino d’integrazione, che passa come ho già accennato per l’educazione, la salute, il lavoro e l’alloggio. Tutto ciò in collaborazione con associazioni, organismi civili e autorità, per creare una dinamica sociale in cui le culture diverse possano vivere insieme. La Chiesa può essere d’ispirazione e può far confluire gli sforzi in un impegno comune.

D. - Il Papa ha rivolto anche un appello alle istituzioni e alla comunità internazionale. Quanto resta da fare?

R. - I Rom hanno il diritto di essere riconosciuti almeno come minoranze etniche nei Paesi in cui vivono, dato che nell’Unione Europea sono la minoranza più numerosa. È importante segnalare che a livello europeo si stanno facendo grandi sforzi. Si trovano dichiarazioni, raccomandazioni e, quello che è più importante, piani d’azione e progetti per migliorare la loro situazione. Penso che si debba approfondire due aspetti. In primo luogo, sarebbe giusto che tutte queste azioni si facessero in collaborazione con i loro rappresentanti, integrati nelle diverse commissioni. Tante volte facciamo cose per loro, ma senza di loro. E, in secondo luogo, che queste disposizioni fossero recepite da parte delle autorità nazionali, e accolte e sviluppate a livello locale.

D. - Perché avete ricordato la storica visita di Paolo VI a Pomezia del settembre 1965?

R. - Quella visita segnò un avvicinamento più stretto tra Chiesa e popolo zingaro. Sono attuali le parole che Paolo VI rivolse in quel giorno, quando con tutto il cuore disse tra l’altro: “Voi nella Chiesa non siete ai margini, ma, sotto certi aspetti, voi siete al centro, voi siete nel cuore. Voi siete nel cuore della Chiesa”. In verità erano anzitutto nel cuore di Paolo VI, Pontefice di una Chiesa che cominciava allora a rivolgere particolare attenzione a questo popolo. Un anniversario è sempre un’opportunità per guardare indietro, vedendo cosa abbiamo fatto, per esaminare il presente, ma soprattutto per pensare al futuro, cercando riposte più adeguate. È vero che la pastorale specifica per gli zingari è oggi ben strutturata in 24 Paesi del mondo, soprattutto in Europa, negli Stati Uniti d’America, in Brasile e in Argentina, in India e in Bangladesh. Tra di loro sono cresciute le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata, e in questo momento sono circa 170. E tra di loro crescono i modelli di santità. Oltre al Beato Zeffirino Giménez, in questo momento sono in processo di Beatificazione per martirio altri due zingari: Emilia Fernández  e Juan Ramón Gil. Ma dobbiamo e vogliamo guardare avanti. E questo anniversario sarà una buona opportunità.








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