2014-06-03 15:40:00

Basta stupri di guerra: tavola rotonda alla Radio Vaticana


Basta stupri di guerra. E’ questo il grido di donne e bambine abusate, ed è il grido del mondo intero che intende mettere fine a questa barbarie. “Porre fine alle violenze sessuali nei conflitti. E’ tempo di agire” è il titolo della tavola rotonda organizzata dalla Radio Vaticana e dall’Ambasciata britannica, andata in onda questa mattina sul Canale You Tube Vaticano alla vigilia del Global Summit dedicato a questa tragedia, in programa a Londra dal 10 al 13 giugno prossimi. A prendere parte alla tavola rotonda di oggi molti ospiti: tra loro Michel Roy, segretario generale della Caritas Internationalis. Francesca Sabatinelli lo ha intervistato:

R. – In molti conflitti di oggi, che sono un numero minore rispetto al passato, si utilizza questo tipo di tattica di guerra. Penso che gli strateghi delle guerre abbiano capito si tratti di un’arma molto efficace, di distruzione della resistenza delle popolazioni. Quando si stupra una donna in pubblico, di fronte al marito, ai figli e ai vicini e se ne violenta una dopo l’altra, allora il villaggio, la comunità, ne risulta completamente distrutta. Adesso, nel conflitto in Sud Sudan, per esempio, sono decine di migliaia le donne colpite. In Colombia, dove si vive un conflitto decennale, continua questa pratica. E così avviene anche nella guerra in Birmania. Sappiamo che si tratta di una cosa antica, ma adesso il fenomeno si sta amplificando. Come è possibile che gli uomini, perché sono tutti uomini, abbiano questa bestialità e aggrediscano le donne, qualunque sia la loro età, giovani o nonne, e alcune volte anche uomini, ragazzi? E’ una questione morale fondamentale. E’ un fenomeno di massa, una strategia.

D. – E’ una "tecnica" per poter in questo modo distruggere le persone, e le comunità intere...

R. – Sì, assolutamente. Sono sicuro si trattii di una tattica di guerra. Il risultato è la disumanizzazione, la distruzione delle famiglie, delle comunità. Ma vediamo che la gente, nonostante tutto, sopravvive e che c’è una energia interiore in tante persone a tal punto da poter recuperare e cambiare le cose. Ci sono molte dichiarazioni, risoluzioni, convenzioni... Ma concretamente, sul terreno, quando la gente armata delle milizie, non controllate da alcun governo, mette in atto questa barbarie è impossibile applicare una qualsiasi convenzione. La giustizia non funziona bene. Spero che questo Summit, questa riunione a Londra, possa portare ad una soluzione a livello più internazionale.

D. – Londra, secondo lei, potrà essere il primo passo per tramutare in azioni concrete le dichiarazioni di intenti che ci sono state fino adesso?

R. – Lo speriamo molto, ma tanti anni sono passati da quando si è rivelata questa tragedia. Ci sono cose concrete che si possono decidere ed applicare, ma spero che Londra appoggerà la cosa più efficace: il lavoro fatto localmente. La soluzione è ricostruire le comunità a partire dalle stesse vittime, dalle donne, perché sono loro che possono ritrovare l’energia di essere forza di vita in loco. Cominciano così per guarire dal trauma e dopo prendono le iniziative tra di loro, cambiando in meglio la loro vita. E’ questa la soluzione: questi gruppi di donne, principalmente, possono ridare una nuova vita alla comunità.








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