2014-06-02 12:58:00

Le Chiese in Sudan: la condanna di Meriam è persecuzione dei cristiani


La condanna a morte di Meriam Yehya Ibrahim, una donna cristiana accusata di apostasia, è una “chiara e diretta persecuzione dei cristiani in Sudan”. Lo denunciano le Chiese cristiane in Sudan riunite nel Consiglio sudanese delle Chiese (SCC). In una dichiarazione, pervenuta a Fides, il Consiglio chiede l’annullamento della sentenza di condanna e l’immediato rilascio della donna. Le Chiese ricordano che la condanna viola gli articoli 31 e 38 della Costituzione provvisoria e sottolineano che il Sudan ha sottoscritto la Carta internazionale dei diritti umani che prevede la libertà di culto e di coscienza. Meriam, 27 anni, figlia di un musulmano, è accusata di apostasia e di adulterio per aver sposato un cristiano e non aver rinnegato la propria fede cristiana trasmessagli dalla madre; oltre alla condanna a morte rischia pure di subire la flagellazione con 100 frustate. La donna, all’ottavo mese di gravidanza al momento dell’incarcerazione, ha partorito in carcere una bambina.

C'è confusione sulla sorte di Meriam: dopo che una dichiarazione del sottosegretario agli Esteri sudanese aveva fatto sperare in una imminente liberazione della donna, è arrivata la precisazione del ministro degli Esteri sudanese: la sua scarcerazione – ha detto - dipende dall'esito del ricorso in Corte d'appello.








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