2014-05-30 12:13:00

Disordini in Centrafrica. Il sacerdote ucciso a Bangui aveva 76 anni


Risale la tensione in Centrafrica, dopo l’attacco lanciato mercoledì da uomini armati, probabilmente miliziani islamici stranieri, contro la Chiesa di Nostra Signora di Fatima a Bangui, in cui hanno perso la vita almeno 17 persone che si erano rifugiate in questa parrocchia: fonti locali parlano di una quarantina di vittime. Centinaia di manifestanti sono scesi in piazza nella capitale per protestare contro il mancato intervento delle truppe internazionali, in particolare burundesi: nei disordini tre dimostranti sono stati uccisi. Nell’attacco alla Chiesa di Nostra Signora di Fatima è stato ucciso anche un sacerdote di 76 anni, padre Paul-Emile Nzale. Lo conosceva molto bene il sacerdote centrafricano don Zephirin  Yakanda, attualmente viceparroco ad Alassio. Sergio Centofanti lo ha intervistato:

R. - Era andato a visitare le famiglie che sono rifugiate nella parrocchia e gli hanno sparato…

D. - Che persona era?

R. - Un uomo buono, un uomo della gente, un uomo che sta con il popolo, che non ha paura di nessuno…

D. - Tu che ricordi hai di lui?

R. - Lui mi ha insegnato a fare le omelie, mi ha insegnato a stare con la gente: ero un seminarista quando l’ho conosciuto nella parrocchia della Santissima Trinità e lui mi ha guidato piano piano e poi sono diventato prete, 18 anni fa…

D. - Ti ricordi qualche parola, qualche consiglio che ti dava?

R. -Sì, sì. Mi diceva di essere sempre perseverante nella preghiera, di non scoraggiarmi mai e di avere sempre la speranza: mi diceva sempre queste parole.

D. - Quindi era un uomo che stava tra i suoi fedeli, tra la gente…

R. - Tra la gente, era sempre con la gente!

D. - Era molto amato a Bangui?

R. - Sì, sì, era molto amato.

D. - E la gente a Bangui, adesso, come sta?

R. - La gente vive nella paura. Non c’è elettricità nella città, c’è sciopero generale… La gente fa rumore con i piatti per protestare.

D. - Quali sono le tue speranze?

R. - Che le violenze si fermino! Che la Comunità internazionale ci aiuti a fare qualcosa, a ritrovare la pace, perché il Centrafrica è un Paese che ha sempre vissuto nella pace. E’ soltanto in questi ultimi 15 anni che il diavolo si è svegliato: il diavolo della divisione. Non riusciamo a fermare questo odio e questa tensione.

D. - Ci sono proteste anche contro le truppe internazionali che non sarebbero intervenute o che non avrebbero evitato questa strage nella Chiesa di Nostra Signora di Fatima…

R. - Sì, è stato detto così! I militari hanno i mezzi per fare la pace… Ma non so cosa succede: sono lì, senza agire…

D. - Che appello vuoi lanciare?

R. - L’appello che possiamo fare è alla Comunità internazionale, affinché non chiuda gli occhi e non lasci che quel popolo sparisca dalla carta geografica, che agisca e sostenga questo popolo che vuole soltanto la pace, che vuole soltanto vivere. Mi sembra che questo popolo sia invece lasciato al suo proprio destino. Questo non è giusto! Che intervanga la Comunità internazionale e faccia qualcosa per sostenere questi innocenti che muoiono.








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